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SAMBRUSON IN EPOCA PREROMANA E ROMANA - I REPERTI ARCHEOLOGICI

ANALISI E STATISTICHE SUI REPERTI DI SAMBRUSON

I reperti di Sarnbruson sono ascrivibili ad un arco cronologico che dalla fine del IV sec. a.C. arriva al II sec. d.C. inoltrato e, per alcuni tipi, fino al III sec. d.C. Questo arco cronologico non è relativizzabile a situazioni particolari, ad un edificio o a strutture, in quanto tutti i materiali rinvenuti nel 1950 non sono inseribili in un contesto archeologico. Alcuni esemplari appartenenti alla classe della ceramica grigia potrebbero, quindi, a causa della mancanza del contesto stratigrafico, essere collocati al di fuori di questa cronologia, in un tempo precedente. Il confronto con materiali pubblicati, provenienti da altri scavi, infatti, ha permesso solo una datazione estesa dei reperti e si può osservare come alcune forme trovino identificazione con esemplari prodotti dalla fine del IV sec. a.C. al I sec. d.C. In particolare per la ceramica grigia, vi sono esemplari che trovano confronti con materiale databile al IV sec. a.C., ossia le coppe troncoconiche con orlo a profilo continuo (cat. nn. 4-5). Queste manifestazioni appartengono al sostrato locale ossia ai Veneti antichi.

I materiali studiati si collocano all'interno di determinate fasi storiche caratterizzanti questo lungo periodo cronologico. E bene ricordare che a Sarnbruson non sono oggi presenti tutti i reperti recuperati negli scavi del 1950; inoltre, non sono state effettuate ulteriori indagini nella zona e, pertanto, le considerazioni che vengono ora fatte sono da ritenersi provvisorie. E parzialmente indicativo anche lo studio sui commerci, che dovettero coinvolgere il territorio su cui gravita Sarnbruson, poiché ottenuto sulla base dei materiali di importazione presenti.

I reperti di Sambruson

 Per quanto riguarda il periodo romano, nei grafici proposti di seguito, si possono leggere alcuni dati utili per comprendere, nella totalità, la quantità di materiale e le classi ceramiche presenti a Sambruson. Si osserva una predominanza dei laterizi, seguiti dalle anfore e dalla ceramica comune grezza. Tali dati non si discostano da quelli che usualmente offrono i siti che restituiscono materiale ceramico.

 All'arco cronologico, che va dalla fine del III sec. a.C. al I sec. d.C., sono ascrivibili i materiali che caratterizzano la fase della romanizzazione, che ha interessato sia Sambruson sia tutta la Venetia e la Cisalpina in generale e che può dirsi completata nel I sec. d.C.

Le produzioni, che riguardano questo primo periodo, corrispondono alle manifestazioni proprie del sostrato locale e, in particolare per l'area veneta, degli antichi Veneti. Si tratta di produzioni di ceramica grigia, tipica dell'area veneta, e di ceramica comune grezza che si manifesta, specialmente, con le olle con orlo ingrossato esternamente, presenti in tutta l'area padana (cat. nn. 79-100) e che trovano riscontro a Padova, ad Asolo e ad Aitino. Al periodo della romanizzazione appartengono anche le anfore di più antica manifattura,! quali il frammento di Greco-italica (cat. n. 188) e gli esemplari di Lamboglia 2 (cat. nn. 189-191). La vernice nera, presente a Sambruson, mostra forme che risalgono alla fine di questa fase che, dagli ultimi anni del II sec. a.C., arriva fino all'età augustea; alcune forme si ritrovano anche per tutto il I sec. d.C. (ad esempio Morel 2270, cat. n. 34-36).

La romanizzazione del sito di Sambruson e di tutta l'area veneta è già sviluppata all'inizio della prima età imperiale, quando cominciano ad esaurirsi le manifatture del sostrato e si assiste allo loro sostituzione con nuove forme e tipi vascolari romani. Questi sono prodotti localmente, con impasti del posto, da maestranze provenienti dall'ambito urbano, che operano principalmente nelle zone di fondazione di colonie o in municipi, quali Aquileia e Aitino, ma anche Padova, o da maestranze locali che utilizzano e/o imitano modelli cittadini.

La maggior parte dei reperti di Sambruson appartiene alla fase augusteo-tiberiana. Sono molto sviluppate le produzioni locali fini, quali pareti sottili e terra sigillata, che dalla fine del I sec. d.C. arrivano a coprire anche tutto l'arco del I sec. d.C. Un frammento di ceramica a pareti sottili (cat. n. 60), per forma e impasto, può essere attribuibile a una produzione aquileiese, poiché sono stati rinvenuti gli scarti di fornace nel sito di origine di produzione. Per quanto riguarda la terra sigillata, la massima concentrazione si registra proprio a cavallo dei secoli, in piena età augustea (cat. n. 43, 53-55) e la forma più tarda di questa classe ceramica esaurisce la sua produzione nella seconda metà del I sec. d.C. (cat. n. 52). La maggior parte dei frammenti appartiene alla terra sigillata nord-italica, ma è presente anche un frammento di orlo di Sigillata orientale B, come si può osservare nel grafico delle produzioni di questa classe ceramica, proposto di seguito. Questo frammento, anche se è un unicum a Sambruson, si dimostra utile per avvalorare l'ipotesi secondo la quale il paese si trovava in un punto strategico, luogo in cui il Meduacus si divideva in due rami e le vie Annia e Popilia si congiungevano.

Terra sigillata di Sambruson

 

 Di particolare importanza sono i marchi di fabbrica, che si rivelano significativi per attribuire con certezza i prodotti a determinate officine. Su due frammenti di terra sigillata nord-italica, sono presenti due bolli, FELIXSARIeà EROS, entrambi riferibili alla produzione di due vasai della Valle Padana.

Il grafico, che presenta anche la percentuale delle produzioni di terra sigillata, mostra appunto una netta predominanza di materiale nord-italico. Oltre che per le forme, i frammenti sono attribuibili alla terra sigillata nord-italica per il tipo di corpo ceramico che li caratterizza. Questo si presenta di colore rosato e di qualità non molto buona: è, infatti, poroso e assai polveroso. Anche lo strato di vernice, che ricopre i frammenti, appare di qualità piuttosto scadente: è opaca e tende a sgretolarsi facilmente. Sono però presenti a Sambruson tre frammenti forse attribuibili a una produzione aretina o a dei vasai aretini operanti in succursali nel nord-Italia. Tali frammenti presentano un corpo ceramico compatto e una vernice rossa lucida (cat. nn. 54, 77 e 269).

Le produzioni fini della prima età imperiale trovano confronti soprattutto con Aquileia e con Aitino.

Per quanto riguarda i contenitori da trasporto, essi si rivelano molto importanti per contribuire alla ricostruzione della storia economica di un sito.

Si propongono di seguito i grafici riguardanti le diverse produzioni e tipologie di anfore, presenti a Sambruson. La maggioranza è di produzione italica: Greco-italiche, Dressel 6A (presenti con tre esemplari, cat. n. 191-193), alle quali successivamente si affiancano le Dressel 2-4 e le anfore a fondo piatto (forse ne è presente un frammento, ma la sua attribuzione non è certa: cat. n. 211).

 Presenze tipologiche di anfore

 

Per quanto riguarda la piena età imperiale, che si estende dal I sec. d.C. fino alla fine del II sec. d.C., continuano a essere prevalenti le produzioni locali, alcune in continuità con il periodo precedente, ad esempio una forma di terra sigillata. Vengono anche introdotte nuove produzioni, quali la ceramica comune depurata e la ceramica comune grezza; quest'ultima propone le nuove forme caratteristiche di questa fase, in particolare le olle con orli modanati che presentano una o due solcature esterne.

Anche per le anfore si registra una maggior produzione locale, con le Dressel 6B e le Dressel 2-4, le più comuni a Sambruson, ma iniziano a comparire anche contenitori da trasporto di importazione dall'Oriente, dall'Africa e dalla Spagna, a dimostrazione di un'apertura dell'area nord-orientale della penisola ai mercati del Mediterraneo, apertura che aumenterà progressivamente dall'inizio della fase qui esaminata fino al II sec. d.C. In particolare, i contenitori spagnoli testimoniano l'importazione, anche nella fascia adriatica, delle salse di pesce provenienti dalla penisola iberica in generale e dalla Eetica in particolare. Questo tipo di anfore è, invece, più comune nella fascia tirrenica, specialmente a Pompei.

Per quanto riguarda la produzione orientale, a Sambruson sono attestati due frammenti di anse di tardo-rodie (cat. n. 232), appartenenti con molta probabilità a un unico esemplare, e uno di fondo di Agorà G199 (cat. n. 214). Osservando la carta delle rotte commerciali dall'Oriente, realizzata dalla dott.ssa Panella3, si può vedere come una direttrice economica di notevole entità sia diretta verso l'Italia tirrenica, in particolare verso il Lazio e la Campania, mentre una direttrice minore, ma comunque con una sua identità, arrivi fino alle coste dell'Italia nord-adriatica (tav.XXIX).

A differenza degli altri centri studiati, quali Padova, Montegrotto, Asolo e Treviso, che hanno restituito un maggior numero di esemplari di anfore orientali e africane, Sambruson sembra presentare una prevalenza di frammenti di produzione spagnola. Si tratta di tre esemplari, un'anfora Beltràn II B e due puntali, forse, di Dressel 20 (cat. n. 222), mentre solo uno è il frammento di africana, nello specifico un frammento di orlo di Tripolitana II (cat. n. 209). Questi tipi di anfore sono stati rinvenuti in altre aree venete, seppure in numero limitato. Ad esempio, a Verona numerosi sono stati i ritrovamenti di anfore spagnole.

Dei periodi posteriori alle tre fasi indicate rimangono solo dei frammenti ascrivibili al periodo rinascimentale; si registra pertanto la quasi totale mancanza di reperti dell'età medievale. Solo nuovi interventi sul campo potrebbero permettere la verifica di queste affermazioni.

Nel complesso, le concentrazioni del materiale in questi periodi mostrano una certa uniformità con il panorama veneto in particolare, ma anche cisalpino in generale. Infatti, come si è osservato nel capitolo dedicato all'analisi delle classi ceramiche, gli esemplari di Sambruson, oltre a trovare numerose analogie con l'area veneta, in Aitino, Asolo, Padova, Cadoneghe, Montegrotto Terme, Este o con la vicina Lova, trovano riscontro anche in siti friulani, il più ricco dei quali è Aquileia e nei siti lombardi, in particolar modo a Milano. I materiali, presenti a Sambruson in tutta la loro gamma di forme e tipi, sono associabili a quelli delle altre aree venete, specie per la ceramica grigia e la vernice nera ad Adria, per la ceramica comune grezza del periodo di romanizzazione ad Asolo e a Treviso. Ma è naturalmente con Padova che si instaura il legame più stretto, sia per la vicinanza geografica, sia soprattutto per il fatto che Sambruson, con molta probabilità, rientra all'interno della centuriazione Nord-Est del municipio patavino, come documenta la presenza di materiali di forme e tipi simili. Padova è indubbiamente anche uno dei rari centri studiati in modo sistematico nel quadro generale della X Regio; difatti, negli altri siti vengono analizzate solo determinate classi ceramiche, a seconda del tipo di progetto; esempio ne sono Montegrotto Terme5 e Cadoneghe6.

Materiali importanti, per proporre o confermare una datazione, si rivelano anche i laterizi bollati. A Sambruson sono presenti sia bolli riconducibili a figline di privati, sia bolli attribuibili ad imperatori. Per quanto riguarda i primi, è presente un bollo della gens Critonia., che si ritrova in vari esemplari provenienti dall'agro patavino e atestino. L'attività della fabbrica, gestita dall gens Critonia , perdurò dalla fine del I sec. a.C. e per tutto il I sec. d.C. Il bollo luni, anche se attestato da un esemplare ad Adria e da uno ad Aquileia, non fornisce informazioni importanti; non è, infatti, possibile darne una datazione certa. Ancor più importanti si rivelano i bolli della, figlina Pansiana, attestati in gran quantità in tutta la Venetia et Histria. Dopo l'età augustea, la figlina, che era privata, diviene di proprietà imperiale. A Sambruson sono attestati tre bolli con nomi di imperatori associati a tale figlina e, in particolare, essi sono: Tiberio-Pansiana, Claudio-Pansiana e Nerone-Pansiana. Questa associazione di nominativi circoscrive notevolmente l'arco cronologico nel quale viene inserita la produzione di tale tipo di laterizi e, in particolare, dal 14 al 37 d.C. per Tiberio, dal 41 al 54 d.C. per Claudio e dal 54 al 68 d.C. per Nerone.

Una classe di materiale ceramico, usualmente presente nell'area veneta ma non a Sambruson, è quella delle lucerne, che fanno parte di quei reperti nominati dal Vanuzzo nel suo Resoconto degli scavi e oggi perduti.

Per quanto riguarda le anfore, si registra la presenza nell'Antiquarium di un frammento di anfora con collo a imbuto. Osservando attentamente le foto del Museo del 1950 (fig. 5, nn. 1-2), si può notare come un esemplare di questa forma fosse poggiato su una mensola insieme ad una miriade di altri frammenti. Non è però possibile stabilire se vi sia identità tra i due frammenti, poiché quello oggi presente appare più frammentario, ma con fratture riconducibili a tempi antichi. Non si può escludere che nel 1950 ci fossero due o più esemplari di questo tipo di anfora. Non è neppure da escludere che la stessa ipotesi sia valida per altri materiali, non fotografati al momento del rinvenimento.

L'analisi dei reperti rivela un contesto che poco si identifica con quello ipotizzato da Vanuzzo, ovvero una necropoli di epoca romana o preromana. Mancano, infatti, materiali che comunemente si troverebbero in ambiti di questo tipo, quali gli unguentari, presenti a Sambruson con un solo frammento. Sono invece molto numerose le ceramiche di uso domestico e i laterizi, siano essi mattoni, tegole, coppi o condutture.

Da notare comunque che, precedentemente agli scavi del Vanuzzo e in aree non specificate di Sambruson, sono state rinvenute due iscrizioni funerarie ed un sarcofago risalenti al periodo romano, come da documentazione della Soprintendenza archeologica del Veneto.

Le considerazioni appena fatte non escludono la presenza di necropoli in altre aree del territorio di Sambruson, tenendo anche conto che le necropoli romane erano situate lungo le vie consolari e a Sambruson si incontravano le due importanti strade, la via Annia e la via Popilia.

Lo studio fatto dal Bosio e ribadito in più pubblicazioni prende in considerazione gli antichi percorsi stradali conservati e porta ad identificare Sambruson con la mansio Maio Meduaco della Tabula Peutingeriana e con la statio o mansio o mutatio Ad Doudecimum dell'Itinerarium Burdigalense.

Negli scavi del Vanuzzo, gli unici di cui si abbia conoscenza "ufficiale" nel territorio di Sambruson, non sono state rinvenute tracce di strutture di alcun tipo. Certo è che, tenendo conto della grande quantità di materiale domestico e, ancor più, dei numerosi laterizi, possiamo ragionevolmente pensare che uno o più edifici dovessero esserci. Se una mansio', una o più villae romane o un insediamento di consistenti dimensioni, questo potrà essere confermato solo da ulteriori indagini archeologiche.

Per quanto riguarda le informazioni archeologiche ricavabili dalle foto aeree e satellitari, dalla loro analisi ben poco è emerso, ma non va dimenticato il fatto che sono state scattate in periodi dell'anno non ideali per questo tipo di indagini. Le informazioni emerse non sono, quindi, sufficienti per considerazioni di tipo topografico. Il dott. Perette, che ha analizzato le foto aeree in oggetto, ha notato delle tracce, che non si dimostrano sufficienti per trarre conclusioni attendibili.

Indubbio è che Sambruson si trovava in un luogo strategico, punto d'incontro di due importanti arterie stradali, la via Annia e la via Popilia costiera e punto in cui il Meduacus Maior si divideva in due rami. Si aggiungono altre valutazioni interessanti: la relativa vicinanza all'Adriatico; la notevole vicinanza, circa cinque chilometri in linea d'aria, a Lova di Campagna Lupia, località in cui un ramo del Meduacus sfociava in laguna; ultimo, ma non certo per importanza, il fatto che ad Ovest si trovava il florido centro di Patavium primapaleoveneto, poi municipium romano. Si può ragionevolmente pensare a Sambruson come ad un piccolo o medio centro operante nella sfera di influenza di Padova, considerazione avvalorata dal fatto che Sambruson faceva parte dell'agro patavino. Sambruson doveva pertanto essere partecipe di quel traffico di merci che, arrivate lungo l'Adriatico e dirette verso Padova, raggiungevano la città percorrendo le strade e/o il fiume; da qui si diramavano lungo altre vie fluviali e di terra, per poi tornare verso la città. Le merci, infatti, nel percorso inverso, partivano dal centro patavino e dal territorio circostante per essere imbarcate ed esportate in altri centri dell'Adriatico: ad esempio il frammento di orlo di Dressl 6B, riportante il bollo CELER, testimonia i contatti con l'Istria. Inoltre, i frammenti di anfore africane e orientali presenti nel Veneto, come pure a Sambruson, avvalorerebbero l'esistenza anche di rotte africane e orientali dirette verso la laguna, come sostenuto dalla Dr.ssa Panella (tav.XXIX).

Attorno a Padova gravitavano parecchi centri, come documenta la costante presenza di reperti romani in tutto l'agro e in tutta quell'area delimitata ad Ovest dalla città, ad Est dalla laguna di Venezia.

Purtroppo pochi sono ancora i siti studiati. Si può però affermare con certezza che nell'intera grande zona, precedentemente descritta, è possibile individuare una facies culturale determinata che, con variazioni locali e regionali, si allarga all'intero Veneto e ancor di più a tutta l'area padana. Il quadro finora descritto rende visibile l'uniformità presente nel quadrante nord-orientale della penisola. La prevalenza delle produzioni dell'Adriatico su quelle tirreniche e provinciali, anche nell'età imperiale, può essere intesa come una indicazione della facilità dei collegamenti stradali interni al territorio, che avvenivano anche per via fluviale e dei collegamenti marini con i principali porti della costa adriatica, in particolare da Aquileia a Rimini, verso i quali confluivano le merci prodotte nei territori limitrofi. Tutto ciò conferma la fitta rete di rapporti che collegavano tra loro i diversi centri interni con quelli che si affacciavano sull'Adriatico.

"All'incrocio di due importanti assi viari, attorno a due stazioni stradali, vicino a un corso fluviale che rappresenta un'altra direttrice di traffici, dovette svilupparsi in epoca romana un consistente insediamento, che col tempo dette origine al paese di Sambruson: l'articolazione e la tipologia di tale insediamento ancora sfuggono nei loro dettagli, a causa della continuità di vita, del degrado dei secoli e della mancanza di scavi sistematici, ma cominciano a delinearsi alla luce dei materiali archeologici recuperati. Il loro studio e la loro valorizzazione", grazie anche al Progetto via Annia, "potranno essere di guida e di stimolo per la riscoperta di un passato che corre oggi il rischio di essere cancellato".

Articolo tratto da:

Tesi di Laurea: I materiali ceramici del Museo di Sambruson di Dolo(VE): Catalogazione e analisi di insieme, 

I vol. a.a. 2005-2006. Zampieri Monica. 


 

 

Ultimo aggiornamento (Martedì 05 Marzo 2013 16:15)