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Gli impasti delle ceramiche

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SAMBRUSON IN EPOCA PREROMANA E ROMANA - I REPERTI ARCHEOLOGICI

GLI  IMPASTI  DELLE CERAMICHE DI  SAMBRUSON

PREMESSA METODOLOGICA AL CATALOGO DEGLI IMPASTI

In questo capitolo viene data spiegazione della stesura del Catalogo degli impasti, che è possibile utilizzare visitando l’Antiquarium. Per avere un quadro completo delle produzioni ceramiche di età romana di Sambruson, si è creata, infatti, una tipologia degli impasti presenti, partendo dall'analisi di tutti i reperti ceramici di epoca romana. I materiali sono stati dapprima esaminati a livello macroscopico con l'ausilio di lenti a 10 e 20 ingrandimenti, e di un Light Scope portatile a 30 ingrandimenti1. I tipi rappresentativi di ogni impasto sono stati analizzati con un microscopio di tipo stereoscopico2. Sono stati in seguito raggruppati, per tipologie, in base all'osservazione di aspetto, tipi di inclusi, granulometria e colore, cercando di determinare anche le varianti all'interno di ciascuna tipologia. Si è quindi individuato un campione rappresentativo di ogni tipo, contrassegnato da un numero arabo, indicativo di una specifica produzione ceramica. Si è utilizzato, in questo modo, un procedimento metodologico analogo a quello indicato da Williams3. Per quanto riguarda la ceramica comune grezza, non vi sono state eccessive difficoltà nell'individuare i tipi di impasto, che difatti erano percepibili piuttosto chiaramente, a differenza delle classi ceramiche con impasti più fini, ovvero la vernice nera, la terra sigillata, ma anche alcune produzioni di pareti sottili o, ancora, di ceramica grigia. Gli impasti4 nei casi appena esposti, infatti, si possono presentare molto omogenei per il grado piuttosto elevato di depurazione della matrice, ossia dell'impasto, e non è stato semplice individuare dei tipi con caratteristiche ben definibili5. Dopo aver identificato e raggruppato i differenti tipi di impasti, si è realizzato un database       per la catalogazione di questi che contiene le seguenti voci:

  • Numero impasto: ogni impasto è indicato da un numero arabo progressivo6.
  • Numero campione: indica il riferimento al campione che si è analizzato; per maggior chiarezza, si è scelto di indicare il numero di catalogo7 in cui viene studiato il reperto da cui si è tratto tale campione8.
  • Riferimento alle tavole e alle figure: viene indicato il riferimento alla tavola fotografica degli impasti e al numero di figura all'interno di essa.
  • Colore frattura: viene indicato il colore della ceramica utilizzando i codici delle tavole Munsell9. Si sono osservati e analizzati i colori della frattura fresca e delle superfici interna e/o esterna qualora presentassero diversa colorazione.
  • Tipo di frattura: viene indicata la tipologia della frattura.
  • Durezza: viene definita la durezza dell'impasto.
  • Descrizione degli inclusi: viene indicata la tipologia degli inclusi presenti (ad esempio: quarzo ).
  • Dimensioni degli inclusi: viene indicata la dimensione degli inclusi presenti, in base alle seguenti misure di riferimento: grandi, oltre i 3-4 mm; medi, tra 1 e 2 mm; piccoli tra 0.5 e 1 mm e molto piccoli per dimensioni inferiori ai 0.5 mm.
  • Distribuzione degli inclusi; viene definita la distribuzione degli inclusi presenti.
  • Descrizione dei voids: in questa voce vengono descritti, ove presenti, i vuoti che spesso possono apparire all'interno del corpo ceramico.
    • Descrizione dei grogs: si specifica la tipologia, quantità e distribuzione del materialechimicamente inerte, detto anche degrassante o dimagrante, aggiunto all'impasto dal ceramista.
  • Descrizione dell'impasto: vengono riassunte le caratteristiche proprie dell'impasto in questione, definite dalle altre voci del database, e vengono, eventualmente, aggiunte altre osservazioni, riguardanti la frequenza degli inclusi, o altre caratteristiche di questi non comprese nelle altre voci.
  • Tipologia: all'interno di questa voce, vengono inserite considerazioni sulle forme e le classi ceramiche rappresentate dal tipo di impasto in esame.

 Il database degli impasti è collegato al database relativo ai materiali ceramici, nel quale viene indicato, quindi, solo il numero di riferimento all'impasto (ad esempio al cat. n. 48, corrisponde il cat. imp. n. 4), senza descriverlo per ogni esemplare. Nel database vengono eventualmente indicate le minime variazioni dell'impasto, rispetto al tipo originario.

Considerando che uno stesso impasto può essere rappresentato da materiali di classi ceramiche diverse, soprattutto nel caso delle produzioni locali, si è scelto di non tener conto, all'interno della suddivisione tipologica, della distinzione tra le diverse classi ceramiche.

Come per il catalogo dei materiali ceramici, anche per quello degli impasti si è realizzato un sistema di numerazione che permetta in futuro di aggiungere nuovi tipi di impasti, ad esempio quando verranno studiati e catalogati i reperti dell'epoca rinascimentale presenti, anche se in numero esiguo rispetto a quelli di epoca romana, nel Museo di Sambruson. Impasti ricorrenti in determinate forme, che sono correlabili con sicurezza ad aree geografiche precise, ad esempio l'impasto n. 15 per l'anfora di produzione africana e che caratterizzano altre

forme morfologicamente non definibili, indicano una stessa area geografica di provenienza.

Analisi di tipo minero-petrografico sono state effettuate su campioni di terra sigillata nord-italica e di ceramica comune grezza. Con i risultati è stato possibile meglio definire i caratteri della produzione10.

Bisogna comunque tener conto del fatto che impasti che a livello macroscopico e microscopico sembrano essere raggruppabili in un'unica produzione, potrebbero invece derivare da produzioni differenti. Solo le analisi di laboratorio potranno determinare con maggiore certezza i materiali che venivano importati, le aree di produzione di questi, e, quindi, la circolazione che avevano questi materiali nell'antichità11, tutte considerazioni oggi solo ipotizzabili.

Analisi su pareti di terra sigillata nord-italica sono state eseguite presso il laboratorio di Fisica Nucleare di Legnare (PD), all'interno di un progetto diretto dall'Università di Venezia, in particolare dalla prof.ssa Cottica, in collaborazione con il dott. P. Boccaccio, la dott.ssa N. Uzunov, e il dott. G. Meschini, utilizzando come tecnica di analisi PIXE (Proton Induced X-ray Emission], che risulta sensibile alla misurazione di un alto numero di elementi chimici, che possono quindi essere simultaneamente studiati. Lo scopo è quello di creare dei gruppi con una simile composizione chimica, utilizzando la Cluster analysis multidimensionale. I dati chimici vengono inseriti in un database e, con questo tipo di analisi multivariata, si possono esaminare, ad esempio, coppie di elementi contemporaneamente. È già stata applicata questa tecnica per lo studio di produzioni dell' area campana, di Pozzuoli, dell'area calena, e ancora, produzioni aretine, e galliche12. Al termine del procedimento di analisi, i risultati appaiono inseriti in cluster assai ben definiti indipendentemente dalle variabili di volta in volta selezionate per la rappresentazione. Questo metodo di analisi permette di creare un quadro generale in cui inserire le diverse produzioni analizzate, e, quindi, di studiare il comportamento di ogni produzione rispetto alle altre. I risultati relativi ai campioni di terra sigillata nord-italica di Sambruson si sono pienamente inseriti all'interno del gruppo di risultati ottenuti dalle terre sigillate dell'area nord-italica. Quindi, l'analisi macroscopica e microscopica, per ceramiche caratterizzate da elementi peculiari, si dimostra adeguata per una classificazione certa.

Anche su frammenti di ceramica comune grezza sono state effettuate analisi minero-petrografiche, all'interno di un progetto gestito dell'Università degli Studi di Padova, a cui collabora la dott.ssa S. Mazzocchin13. L'obiettivo è lo studio delle olle con orlo modanato e non, e con doppia o singola solcatura posta sotto l'orlo, dell'area circostante Patavium, in particolare il sito di Montegrotto Terme. Sono state svolte analisi su sezione sottile e, sui campioni che lo richiederanno, anche analisi chimiche. I risultati ottenuti, sono oggi in corso di studio in una Tesi di laurea; verranno confrontati con quelli forniti dallo scavo di Padova che ha restituito una stratigrafia di nove fornaci cronologicamente una sull'altra14. Di queste, le più antiche hanno prodotto ceramica grigia e grezza con orlo a mandorla e con cordone a 3/4 del corpo (seconda metà del I sec. a.C. fino agli inizi del I sec. d.C.), mentre le fornaci più tarde hanno sfornato ceramica comune grezza, in particolare le olle con orlo modanato e con una o due solcature (seconda metà del I sec. d.C. fino alla metà del II sec. d.C). Una di queste ultime fornaci ha realizzato anche vasellame fine, in particolare terra sigillata tarda.

Vengono riportate nell’articolo successivo  alcune schede delle 65 totali del Catalogo degli impasti, che si trova all'interno del primo volume della tesi di laurea (zampieri 2006a) e alcune foto degli impasti per rendere più comprensibile la parte teorica spiegata in precedenza.

DI SEGUITO SI ELENCA LA SPIEGAZIONE DI ALCUNI TERMINI SPECIFICI UTILIZZATI NELLO STUDIO DELLE CERAMICHE.

ARGILLA: materia prima della ceramica. Sotto l'aspetto geologico per argille si intendono rocce sedimentarie dalla composizione mineralogica molto variabile, che includono ovviamente i minerali delle argille, ma non solo quelli. Sotto l'aspetto tecnologico, per "argilla" si intende la materia prima del manufatto ceramico, ossia una sostanza solida, inorganica, naturale, non metallica, da modellare a freddo e da consolidare a caldo. Le sue proprietà fondamentali sono: plasticità, contrazione di volume, colorazione, refrattarietà, resistenza.

CORPO CERAMICO: si intende l'argilla che ha subito il processo di cottura. Il corpo ceramico deriva dai diversi materiali che formano l'argilla (esclusi quelli bruciati e portati allo stato gassoso durante la cottura) e che hanno subito in maniera più o meno intensa le complesse trasformazioni chimico-fisiche provocate dall'alta temperatura raggiunta dentro la fornace. E' un termine generico che può essere usato per qualsiasi tipo di manufatto ceramico, sia con rivestimento sia senza.

CRETA: in geologia corrisponde ad un particolare tipo di calcare, mentre in linguaggio corrente e in dialetto corrisponde ad argilla. In quest'ultimo significato il termine "creta" è da considerarsi improprio.

DEGRASSANTE: materia prima complementare delle argille dove è presente per via naturale; talvolta viene aggiunto di proposito dal vasaio. Il degrassante per antonomasia è il quarzo.

INGOBBIO: rivestimento di tipo argilloso, molto fine per sua stessa natura o perché sottoposto a un'accurata depurazione, usato per coprire il manufatto con uno strato sottile, opaco, poroso e pertanto permeabile ai liquidi. Assolve un compito prevalentemente ornamentale. Può avere colore rosso, nel qual caso è ricavato da un'argilla ferruginosa molto ricca di ossidi di ferro, oppure colore bianco, nel qual caso è ottenuto da un'argilla caolinica che in cottura acquista colore bianco. L'ingobbio nasconde alla vista il colore del corpo ceramico del manufatto, con il quale solitamente contrasta ed ha una tonalità più intensa.

OSSIDAZIONE: durante il processo di combustione, si indica con questo termine la reazione di combinazione dell'ossigeno contenuto nell'aria con gli elementi, carbonio e idrogeno, contenuti nei combustibili. Per ottenere una buona ossidazione è necessario che l'aria comburente sia in eccesso.

RIDUZIONE: si indicano con questo termine le reazioni che avvengono durante il processo di combustione allorché l'aria comburente è insufficiente rispetto al combustibile. Per quanto riguarda i reperti fittili archeologici, una delle più importanti reazioni di questo tipo è la riduzione del ferro, che da ossido ferrico (ematite, rosso), si trasforma in magnetite (nera).

STECCATURA: tecnica decorativa consistente nello sfregare le superfici del vaso già parzialmente essicato con una stecca o con una "pietra dura" in modo da lucidarle uniformemente.

STAMPIGLIA: decorazione ottenuta imprimendo nell'argilla ancora cruda punzoni, ossia piccoli "timbri", con figurazioni diverse: cerchi, rosette, ecc.; un'altra tecnica usata era l'incisione a crudo.

STRALUCIDO: con la stessa tecnica, propria della "steccatura", il vaso poteva essere decorato a linee, bande, a graticcio, sfruttando l'effetto cromatico derivante dal contrasto tra parte lucidata e parte rimasta opaca.

TERRACOTTA: indica i manufatti dal corpo ceramico poroso e colorato, senza rivestimento, sottoposti a una sola cottura. Quando la terracotta è destinata a ricevere un rivestimento, e quindi a subire una seconda cottura, prende il nome di biscotto.

TERRA SIGILLATA: termine generico usato dagli archeologi per indicare il vasellame da mensa, molto in uso in età romana imperiale, in forme sia lisce sia decorate a rilievo, caratterizzato dal rivestimento di colore corallino. La cottura richiede costantemente atmosfera ossidante.

VERNICE NERA: rivestimento atipico che a rigore di termini non rientra né nei rivestimenti di tipo argilloso, né in quelli di tipo vetroso; si tratta di uno strato molto sottile, più o meno lucente, di colore nero più o meno intenso e uniforme, che copre il corpo ceramico sottostante, nascondendolo. La cottura del vaso in fornace prevedeva un'atmosfera ossidante, alla quale seguiva una fase riducente, con raffreddamento in condizioni ossidanti. La materia colorante, ossia gli ossidi di ferro, si trasformavano, durante il processo di riduzione, da ossido ferrico (rosso) in magnetite (nera).

 NOTE:

1 UM-3NE ("AA"or "R6") 2 pcs. - 2.2V, 0.25 A, nipple bulb (MB-22N), Ipc.

2 Presso il Laboratorio di Archeologia del Dipartimento di Scienze dell' Antichità e del Vicino Oriente, con il supporto tecnico del prof. Boschian.

3 williams D. 1990, The study of ancient ceramics: thè contribution of thè petrographic method, in mannoni T., molinari A. (a cura di), Scienze in archeologia, Firenze.

4 orton e., tyres p., vince A. 1993, Pottery in archeologo, Cambridge.

5 Anche con l'ausilio del microscopio stereoscopico, alcuni impasti fini sembrano non differire tra loro. Nel caso di frazione grossolana, composta da granuli di minerali e rocce associati ai minerali argillosi, risulta più facile determinare la famiglia dalla quale questi minerali derivano e anche l'origine del deposito stesso (mannoni T. 1999, Archeometria. Geoarcheologia dei manufatti, p. 237). La dott. M. Daszkiawicz, nel corso di un seminario tenutosi presso l'Università Cà Foscari il 25 maggio 2006, e organizzato dalla prof.ssa D. Cottica, ha sottolineato come per le ceramiche fini, ma anche per certe produzioni grezze, sia molto difficile trarre conclusioni affidabili dalla sola analisi macroscopica. La studiosa ha dimostrato, con esempi, come impasti che a livello macroscopico sembrano raggruppabili in un'unica produzione, considerandone solo colore e composizione, potrebbero derivare da produzioni diverse, e come invece impasti di colore e composizione differenti, potrebbero presentare al loro interno gli stessi elementi. Su alcuni frammenti di terra sigillata e di ceramica comune grezza, sono in corso analisi minero-petrografiche e chimiche, proprio per definire meglio, non solo la composizione, ma anche le eventuali analogie o differenze tra i vari impasti.

6 Nella numerazione progressiva, non tutti i numeri sono presenti, poiché impasti che all'inizio erano stati considerati diversi, dopo un'analisi più approfondita, in particolare con un microscopio stereoscopico, sono stati unificati. Vedi anche olcese G. 1994, Ceramica romana e archeometria: lo stato degli studi, Firenze.

7 Con il termine "catalogo" ci si riferisce unicamente al catalogo dei materiali ceramici; per quanto riguarda il catalogo degli impasti, esso viene sempre specificato nella dicitura (es. cat. imp. n. 2).

8 Inserendo il numero di inventario, come è consuetudine fare, risulterebbe troppo difficile risalire al reperto esaminato.

Munsell Soil Colar Chart, Baltimo re, 1973.

10 Per i metodi di datazione delle ceramiche archeologiche cfr. MANNONI T. 1999, Archeometria. Geoarcheologia dei manufatti; MANNONI T., MOLINARl A. 1990, Scienze in archeologia. Il ciclo di lezioni sulla ricerca applicata in archeologia. Certosa di Pontignano (Siena), 7-19 novembre 1988, Firenze; mannoni T., mello M, oddone m. 1983, Archeometric studies on mediterraneanpottery, in Symposium on archeometry, Napoli.

11 II prof. G. Schneider della Freie Universitàt di Berlino nel corso di un seminario tenutosi presso l'Università Cà Foscari il 25 maggio 2006, e organizzato dalla prof.ssa D. Cottica, ha illustrato i metodi utilizzati per trarre le maggiori informazioni possibili dalle analisi mineralogiche e chimiche, proprio su questi aspetti. schindler m. 1967, Die "schwarze sigillata"des Magdalensberges, I, Klagenfurt.

12 Sono stati per la maggior parte analizzati campioni provenienti da esemplari bollati.

13 maritan l., mazzoli e., RiGALDO p., PESAVENTO MATTiOLO s., mazzocchin s., Le olle romane dello scavo di via Neroniana (Montegrotto Terme, PD): indagini preliminari, in Atti del Convegno nazionale AIAR del 18/02/2005.

14 cifriamo s., mazzocchin s., ROSSIGNOL e., Un nuovo centro di produzione ceramica a Patavium", in Atti del Convegno internzionale Territorio e produzioni ceramiche: paesaggi, economia e società in età romana, Pisa 20-22/10/2005.

 

Tesi di Laurea: I materiali ceramici del Museo di Sambruson di Dolo(VE): Catalogazione e analisi di insieme, 

I vol. a.a. 2005-2006. Zampieri Monica. 


Vengono riportate nell’articolo successivo  alcune schede delle 65 totali del Catalogo degli impasti, che si trova all'interno del primo volume della tesi di laurea (zampieri 2006a) e alcune foto degli impasti per rendere più comprensibile la parte teorica spiegata in precedenza.

Ultimo aggiornamento (Sabato 14 Aprile 2012 13:05)

 

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