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Ricerche e studi sui paleoveneti di Monica Zampieri

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SAMBRUSON DALLE ORIGINI TRA STORIA E LEGGENDA - I PALEOVENETI

Ricerche e studi sui paleoveneti

STUDI PALEOVENETI

Se dalla leggenda delle origini vogliamo passare a una ricostruzione storica della vita e della cultura dei Veneti, unica fonte di conoscenza risulta la documentazione archeologica, così come per tutti gli altri popoli dell'Italia preromana.

La realtà storica dei Veneti cominciò a delinearsi poco più di un secolo fa in seguito ad un ritrovamento fortuito.

Bisogna tener conto del fatto che, fino ad allora, gli studi storici ed archeologici avevano rivolto il loro interesse all'età romana senza spingersi più indietro nel tempo, se non per soffermarsi su alcune iscrizioni preromane. Vasi casualmente ritrovati, dall'aspetto protostorico, erano definiti genericamente "etruschi".

Nel 1876, durante occasionali lavori agricoli, si scoprirono ad Este due tombe che contenevano un ricco corredo di vasi fittili e bronzei, questi ultimi riccamente lavorati a sbalzo con figure di uomini, animali e fiori. Tali ritrovamenti fecero subito pensare agli studiosi che il sottosuolo di Este doveva celare ricche testimonianze archeologiche di popolazioni che avevano abitato la zona prima dell'arrivo romano. Di qui l'avvio di scavi e di ricerche sistematiche, che in pochi anni portarono alla luce, attorno alla cittadina di Este, una serie ininterrotta di necropoli con centinaia di tombe.

Spetta ad Alessandro Prosdocimi, estense e uomo di rara sensibilità e cultura, il merito di aver pubblicato queste scoperte nel 1882, cioè a soli sei anni dai ritrovamenti, sulle Notizie degli scavi, la rivista ufficiale dell 'Accademia Nazionale dei Lincei. La famosa relazione resta ancor oggi il fondamento degli studi sulla protostoria veneta, con il quadro di sintesi elaborato dallo studioso. E utilizzata, seppur con aggiustamenti e perfezionamenti dovuti all'affinarsi degli studi, la sua suddivisione dei ritrovamenti sulla base della struttura delle tombe e dei corredi e, quindi, la ripartizione in quattro periodi dello svolgimento della cultura veneta preromana, a partire dalle prime attestazioni tra IX e VIII secolo a.C. fino alla graduale romanizzazione tra II e I secolo a.C.24 Si deve poi a Gheraldo Ghirardini l'aver introdotto la civiltà preromana del Veneto nel quadro della protostoria d'Italia e d'Europa.

E necessario mettere in risalto una differenziazione fondamentale all'interno della civiltà paleoveneta. Tutta la storia dei Veneti, come risulta dal materiale archeologico, deve essere divisa in due grosse parti: una antica, dall'VIII alla fine del V sec. a.C., che testimonia la vera cultura paleoveneta, ed una recente, dalla fine del V alla piena civiltà romana, metà circa del I sec. a.C. Con il IV secolo la documentazione rivela una lenta ma profonda trasformazione: sono i Celti, chiamati Galli nelle loro relazioni con i Romani, a determinarla, poiché stringono il territorio a Sud occupando Adria (Galli Boi), a Ovest inserendosi nel territorio veronese (Galli Cenomani), a Nord prendendo possesso dell'odierno Friuli (Galli Carni).

Il centro principale di formazione, sviluppo e irradiamento della civiltà paleoveneta fu Este, sorta ai piedi dei Colli Euganei, sulle rive dell'Adige che nel 589, dopo la rotta della Cucca, cambiò notevolmente il suo corso25.

A Padova, secondo centro più importante della regione, la ricerca e lo studio delle manifestazioni paleovenete cominciarono più tardi rispetto ad Este, cioè all'inizio di questo secolo26; così negli altri centri veneti. Inizialmente, la nuova civiltà scoperta venne definita "atestina", dall'antico nome di Este, Ateste. L'intensificarsi delle scoperte rese però evidente che l'area interessata dalla civiltà dei Veneti antichi riguardava un territorio ben più ampio, coincidente all'inarca con la X Regio dell'ordinamento augusteo; sono poi emersi numerosi altri centri, tra i più importanti Montebelluna e Vicenza.

Per distinguerli dai Veneti romani e dai Veneti attuali, i Veneti antichi sono definiti Paleoveneti, e "paleoveneta" la loro cultura.

I Veneti svilupparono nel corso del I millennio a.C., in particolare dall'VIII secolo fino alla romanizzazione, inizi del II sec. a.C., una cultura sostanzialmente unitaria sul piano archeologico. Si devono però constatare, all'interno della regione, delle varianti che accentuano la tipicità dei diversi centri storici e dei territori da loro dipendenti27; ciò risulta pienamente comprensibile considerando 1' estensione della regione. Esemplari sono i due centri più antichi, Este e Padova che, nonostante le forti analogie, risultano diversi, a causa anche della differente posizione geografica.

Per quanto riguarda le espressioni che confermano l'unitarietà della civiltà paleoveneta, possiamo citare i molti aspetti della produzione materiale, in particolare di quella bronzea e fittile, l'uso quasi esclusivo della cremazione, le forti credenze religiose attestate dalle molteplici stipi votive che indicano luoghi di culto, nonché le manifestazioni artistiche. E ancora, le modalità di popolamento, lo strutturarsi in nuclei protourbani e quindi urbani, l'allevamento del bestiame, la coltura dei campi, i modi di vestire, le armature dei guerrieri, gli usi e i costumi che indicano una particolare struttura socio-economica. Anche l'unità linguistica è documentata dalle iscrizioni venetiche, presenti dal VI sec. a.C.

ESTENSIONE

Le fonti storiche sull'area di espansione dei Veneti nella nostra regione concordano sostanzialmente con l'archeologia; basterà riportare Plinio28.

La regione dei Veneti antichi non è molto diversa da quella attuale. Precisi risultano in tutta la tradizione antica il confine meridionale e quello settentrionale, in quanto definiti da linee naturali, rispettivamente il Po e le Alpi. Ad Ovest il confine è rappresentato dal corso del Mincio e dal lago di Carda, le cui sponde orientali appartengono ai Veneti29. Ciò diverrà più evidente quando, sulla sponda occidentale si stabiliranno i Galli Cenomani, nella cui area è inclusa Verona. Contemporaneamente nell'Italia nord-occidentale30 ai possessori della Cultura di Golasecca succedono i Galli e sono probabilmente i Galli Boi, che trasformano l'etrusca Felsino31 nella gallica Bologna32. Adria risulta entro il Veneto preromano una entità a sé stante: emporio greco prima, quindi centro urbano etrusco (VI sec. a.C.), posta tra gli estremi rami dell'Adige e del Po, verrà occupata da tribù galliche33.

I Galli premettero sui confini dell'area veneta, senza riuscire a impadronirsene34.1 Veneti antichi rimasero, di fatto, indipendenti. Capaci di difendersi in guerra, nonostante le poche armi rinvenute non li facciano ritenere gente bellicosa, essi successivamente preferirono,

come i Galli Cenomani, allearsi con i Romani35. L'archeologia mostra dal IV sec. a.C. una forte influenza culturale ed artistica celtica sui Veneti, evidente in gran parte della regione. I Veneti cedettero comunque ai Cenomani il terrritorio veronese e, forse, parte del vicentino.

Più sfumato è il confine orientale tra Livenza e Tagliamento con una zona ibrida di elementi Veneti, illirici, ma anche camici, la quale ha il suo centro più famoso in S. Lucia di Tolmino. Possiamo quindi individuare in quest'area la civiltà 'Veneto-illirica".

Nell'area veneta nordica si può riconoscere l'aspetto culturale retico, che ha forti collegamenti transalpini oltre il confine svizzero-tedesco e si estende verso la Lombardia, ma si ritrova anche in Trentino e nell'area veronese e vicentina. Non è pura manifestazione paleoveneta, anche se le due culture mostrano forti collegamenti.

ORGANIZZAZIONE DEL TERRITORIO, VILLAGGI, ECONOMIA

Le direttrici di occupazione si addensano in modo particolare lungo i grandi fiumi Adige, Brenta e Piave i quali, assieme agli itinerari terrestri, aprivano la regione su tre fronti di primario interesse: il mare Adriatico, con conseguente apertura al commercio greco; l'Italia centrale e tirrenica, con successivo passaggio all'area di cultura etrusca; l'Europa continentale transalpina, con possibilità di accesso alle sue ricche risorse minerarie.

Caratteristica comune a gran parte delle città di pianura, come Este, Padova, Vicenza, Treviso, Oderzo, Concordia, è quella di essere comprese tra due corsi fluviali, con anse, controanse, rami secondari, assumendo quell'aspetto di città d'acqua e dall'acqua legate al territorio36. Furono proprio i fiumi che, favorendo aperture con il territorio e le culture circostanti, determinarono alcuni aspetti tipici e diversi da centro a centro. Esemplare è il caso di Este e Padova, i due centri egemoni di pianura, l'una sorta sulle rive dell'Adige37, l'altra su quelle del Brenta38, che all'epoca avevano un percorso in parte diverso dall'attuale. Per quanto riguarda Adria, essa si trovava prossima al mare: bisogna, infatti, tenere conto del notevole avanzamento della linea di costa. Le città dovevano avere, quasi sicuramente, un porto fluviale, ma per quanto riguarda lo sbocco a mare, se Adria lo era per il territorio atestino, Altino39 doveva esserlo per il territorio patavino.

ECONOMIA

Naturalmente protetti dai loro grandi fiumi i Veneti svilupparono un'economia favorita, allora come oggi, da una pianura fertile e facilmente coltivabile. Basi fondamentali di sussistenza erano agricoltura e allevamento; attività collaterali erano la pesca, sia fluviale che marittima, e la caccia, quest'ultima praticata soprattutto a livello di sport aristocratico.

L'artigianato era prevalentemente a base organizzativa di tipo domestico e doveva provvedere ai bisogni di ogni giorno, dal vestiario al vasellame per la cucina e per la conservazione delle scorte, agli utensili in bronzo, osso, corno, agli oggetti di abbigliamento e ornamento. Ben documentato è anche uno scambio ad ampio raggio con la Penisola dal versante tirrenico all'adriatico e con i territori transalpini, il che sottintende una produzione in eccedenza che andava dall'artigianato artistico al mercato dei cavalli.

Ad esempio Este, per la posizione geografica, risulta legata al Veneto sud-occidentale, in particolare al basso veronese attraverso il corso dell'Adige e risulta più aperta alle esperienze dell'Italia etrusca. Padova, in particolare nel periodo più antico, sembra più "continentale", collegata al Veneto nord-orientale, in particolare alla zona tra Brenta e Piave, dove si svilupparono numerosi centri da Montebelluna all'Asolano lungo la pedemontana, da Mel al Bellunese nel Cadore e al mondo centro-europeo.

L'influsso culturale e artistico celtico è presente, con conseguenti rapporti commerciali, in tutta la regione, a partire dalla fine del VI sec. e più dal V sec. a.C. in poi40.

Per quanto riguarda le testimonianze ceramiche, gli artigiani veneti, anche se persistono nella riproduzione delle loro forme tipiche (ceramica grigia)41, cominciano, soprattutto dalla metà del IV sec. a.C. fino alla romanizzazione, a riprodurre tipologie e decorazioni non più solo paleovenete, ma connesse con il mondo greco e dell'Italia meridionale, nonché con l'Etruria, grazie alle possibilità offerte da una più massiccia produzione e commerciabilità.

Si può vedere come la cesura culturale ormai avvenuta nell'ambito della civiltà paleoveneta che si era trasformata, arricchendosi di apporti nuovi e adeguandosi ai tempi, abbia comunque mantenuto una vitalità che porta a produrre classi di materiale ancora tipicamente veneti, come ad esempio i "bronzetti" in età romana42. Gli artigiani, i più specializzati dei quali erano i bronzisti, hanno lasciato, infatti, una ricca documentazione artistica in tutta l'area paleoveneta.

ABITAZIONI

Molto elevato è il numero degli abitati che sono stati rinvenuti, ma piuttosto limitato è il patrimonio di informazioni di cui possiamo disporre soprattutto perché le città maggiori hanno continuato a crescere su se stesse dall'antichità ai giorni nostri43, rendendo particolarmente difficili indagini di tipo archeologico. Il passare del tempo ha inevitabilmente portato, in ogni fase successiva, alla scomparsa di gran parte delle strutture della fase precedente, tanto più che, per la natura del terreno su cui vivevano, ricco di acque e per lo più povero di pietre, i Veneti costruivano le loro case con materiali deperibili. In collina le informazioni sono maggiori poiché almeno le fondazioni erano costruite con la pietra sita in loco, mentre in pianura le case si trovavano in genere su dossi sabbiosi, accanto a corsi d'acqua44.

Gli scavi della prima età del ferro hanno messo in luce insediamenti costituiti da più gruppi di case ravvicinatele une alle altre, con aree aperte utilizzate per attività diverse, come recinti per animali, orti, impianti artigianali. Si tratta di edifici a pianta rettangolare costituiti da uno o due ambienti coordinati, identificati dalle pavimentazioni in terra battuta e da focolari in cotto rettangolari o circolari. Gli alzati delle pareti erano su pali lignei e argilla cruda, mentre i tetti erano certamente di materiale leggero, rami e paglia. Degli impianti artigianali restano fornaci per la cottura della ceramica di uso corrente e tracce di forni fusori per il bronzo. Attorno ai villaggi doveva esistere una "campagna" a sfruttamento comunitario, con boschi da cui ricavare il legname, praterie per l'allevamento dei cavalli, per i quali i Veneti erano famosi. Dal V sec. a.C., anche nei siti di pianura compaiono le prime case con fondazioni in pietra45, ma con alzato e tetto ancora in materiale deperibile46.

IL MONDO DEI MORTI

II materiale archeologico e le informazioni che ne derivano sulla società e cultura dei Veneti, provengono per la maggior parte dallo studio delle necropoli, che, sempre ubicate all'esterno dell'abitato, sono state maggiormente risparmiate dai successivi interventi urbanistici, conservandosi in modo migliore; inoltre le comunità antiche offrivano ai loro defunti il meglio di ciò che erano in grado di produrre.

Il rito funerario usato comunemente dai Paleoveneti era la cremazione47: il corpo del defunto, più o meno riccamente abbigliato, veniva bruciato sui roghi. Le ossa erano accuratamente separate dai carboni e lavate; i resti, insieme con gli ornamenti, erano quindi raccolti in un vaso-ossuario. Accanto venivano posti gli oggetti personali propri del defunto, i materiali connessi all'attività svolta dal defunto, nonché un servizio di vasi, coppe, bicchieri legati al banchetto. La quantità e la qualità dei materiali del corredo dipendevano dal rango rivestito dal personaggio quando era vivo. I corredi comprendevano suppellettili in genere fatte appositamente per essere depositate nella tomba in onore del defunto, in ricordo della sua attività. Spesso non erano oggetti usati per la vita di tutti i giorni e, pertanto, se ne ricavano solo dati parziali. Ne fa parte il materiale artisticamente più bello, come le situle decorate, che aiuta a conoscere gli orientamenti artistici culturali, oltre che le tecniche più perfezionate di lavorazione.

I materiali, che accompagnavano il defunto nell'aldilà, consentono anche di delineare la struttura della società, in quanto il corredo, che era in diretto rapporto con la posizione e il ruolo sociale del defunto quando era in vita, e che le tombe più antiche presentano piuttosto semplice ed omogeneo, già a partire dall'VIII secolo, si arricchisce. Si sviluppa, infatti, una produzione specialistica ad uso funerario, con materiali molto più raffinati48. Tombe ricche e tombe povere vengono pertanto a testimoniare l'articolarsi della società in diversi livelli sociali. Era presente una differenziazione tra tombe maschili femminili. Quelle maschili, più sobrie, contenevano in genere pochi oggetti di abbigliamento e materiali status symbols: rasoi, coltelli da caccia, asce, armi defunzionalizzate49, morsi ed elementi di bardatura equina. Più

esuberanti le tombe femminili, essendo compito della donna palesare il rango della famiglia; contenevano fibule, bracciali, collane, cinturoni da parata, poi ancora fusaiole e rocchetti che fanno riferimento all'attività della filatura e tessitura50.

LE MANIFESTAZIONI ARTISTICHE: L'ARTE DELLE SITULE

Altra informazione che si può ricavare dai materiali presenti nelle tombe è l'esistenza di un artigianato artistico di alto livello, in grado di fornire anche prodotti di lusso. Una delle più importanti manifestazioni artistiche dei Veneti è la cosiddetta arte delle situle, che consiste nella realizzazione di manufatti in lamine di bronzo lavorate a sbalzo e cesello con le quali si ottenevano vasi a forma di secchia, ma anche cinturoni, foderi di pugnali, piccolo lamine votive, spille e spilloni ed oggetti vari. La più ricca è la Situla Benvenuti, databile alla fine del VII sec. a.C., il cui linguaggio formale risente di apporti etruschi, italici, centro­europei ed orientali, il tutto rielaborato con influssi locali.

Questa produzione figurativa, numerosa tra i materiali provenienti dall'ambito funerario e di culto, è di estremo interesse per recuperare informazioni riguardo l'abbigliamento dei nostri antenati: uomini avvolti in ampi mantelli di stoffa pesante e bitorzoluta, con calzari a punta, con ampi cappelli a larghe tese o semplici baschetti; donne con una lunga veste elaborata, scialle, cinturone, stivali.

LINGUA E SCRITTURA DEI PALEOVENETI

Altra espressione di unitarietà della cultura paleoveneta è l'unità linguistica documentata dalle iscrizioni venetiche. La lingua venefica è di tipo indoeuropeo e, proprio per questo, trova molte affinità con il latino.

Il Veneto conosce una propria scrittura a partire dal VI sec. a.C. L'alfabeto è elaborato sulla base di quello etrusco: si tratta cioè di caratteri originariamente greci (calcidesi) adottati poi dagli Etruschi. L'alfabeto attinge dall'etrusco in due fasi distinte51. La "seconda fase" alfabetica è la più importante e si data dalla metà del VI secolo a.C.; la matrice è etrusca meridionale. Numerose sono le attestazioni fino alla romanizzazione, I sec. a.C.

Rispetto al modello etrusco l'alfabeto venetico presenta alcune modificazioni nell'uso e nel valore dei segni, al fine di rendere la scrittura adeguata alla lingua venetica. Nelle iscrizioni arcaiche non appare, infatti, la "O", che viene acquisita in seguito, probabilmente tramite Adria, che aveva frequenti rapporti con la Grecia.

Analogamente a quanto accade per la quasi totalità delle culture dell'Italia antica, la scrittura è trasmessa da iscrizioni arrivate fino ai giorni nostri perché apposte su materiale non deperibile: in prevalenza pietra, ma anche metallo e materiale fittile. Per il Veneto antico è possibile ricavare informazioni dirette sull'alfabeto e sulle modalità di insegnamento della scrittura da un tipo di documenti del tutto particolari: le tavolette alfabetiche e gli associati stili scrittori di Este, che hanno permesso di decifrare gran parte della scrittura. Sono iscrizioni brevi con formule molto simili, rinvenute su diversi tipi di monumenti od oggetti funerari e votivi in numerosi centri. Le maggiori attestazioni provengono da Este, Padova, Montebelluna, Làgole nel Cadore, Vicenza.

Fatte salve le differenze dovute alle tradizioni scrittorie dei singoli centri storici e dei territori da loro dipendenti, che porta a differenziare alcuni segni alfabetici, esemplari i casi di Este e Padova, la scrittura venetica mostra tratti fondamentali di unitarietà: carattere distintivo di tale scrittura è l'uso di una puntazione molto complessa, cosiddetta sillabica, che non separa le parole, ma evidenzia le sillabe e la posizione delle vocali; vi è dunque l'uso della scrìptio continua, per cui la sequenza del testo è continua e le parole non sono divise.

Le iscrizioni vanno indifferentemente da destra a sinistra (verso sinistrorso) o da sinistra a destra (verso destrorso); la disposizione della scrittura si realizza in diverse forme, spesso a seconda del tipo di oggetto su cui è apposta: a ferro di cavallo, in linee concentriche o in linee bustrofediche, ossia alternativamente capovolte, alla maniera dei buoi che arano il campo.


Dal volume "AD DUODECIMUN MANSIO MAIO MEDUACO"

di MONICA ZAMPIERI (Associazione Culturale Sambruson La Nostra Storia)


NOTE:

24   La storia dei Paleoveneti viene divisa in quattro periodi in base ai tipi di sepoltura; essi sono indicati dagli storici con ,il nome della città di Este affiancato dal numero romano: Este I, Este II, Este III e Este IV.

25   L'Adige scorreva, infatti, molto più a settentrione e attraversava Este e il basso veronese. CAPUis 1993.

26   Montebelluna è considerata, per importanza, la terza città paleoveneta dopo Este e Padova.

27   Proprio la ricerca archeologica recente è andata chiarendo e sottolineando queste varietà.

28   plinio, Naturali* Historìa, III, 130. Venetorum angulus, capo/za 1987, p. 674.

29   fogolari 1984, pp. 661-724; capuis 1993.

30   I Galli occupano la Lombardia, in particolare il Bresciano.

31    A Bologna alla cultura villanoviana segue quella etrusca e poi quella gallica, con mutamento di popoli tra le ultime due. focolari 1984, pp. 661-724.

32   I Galli, arrivati nel bolognese alla fine del V sec. a.C., occupano la Romagna.

33    E questione controversa se nel IV secolo sia passata sotto il dominio dei Galli: alcuni lo considerano un fatto sicuro, altri non negano l'occupazione celtica, ma ne escludono la supremazia. fogolari 1984, pp. 661-724

34   I Galli che attraverseranno le Alpi nel 186 a.C. nella regione friulana non sono certo i primi a giungere in Italia.

35 capozza 1987, pp. 1-58. Prima dell'arrivo dei Romani, gli antichi Veneti avevano avuto contatti con altri popoli presenti in Italia, in particolare con Greci ed Etruschi. Padova e il suo territorio, come vedremo in seguito, si dimostrano meno aperti a ricevere influssi esterni rispetto ad altri centri, come quelli posti in aree di confine del territorio veneto.

36 Assumendo quell'aspetto di "città simili a isole" che tanto aveva colpito il geografo Strabone. bosio 1987; fogolari 1984; CAPUIS L. 1993, / Veneti. Società e cultura di un popolo dell'Italia preromana, in Biblioteca di archeologia, Milano.

37   L'Adige scorreva, infatti, molto più a settentrione e attraversava Este e il basso veronese.

38 balista C., rinaldi L., 1percorsi pre-protostorìci del fiume Brenta a Padova, in La città invisibile. Padova preromana. Trent'anni di scavi e ricerche, Bologna, pp. 11-22.

39 Nel Veneto nord-orientale fino al Tagliamento, ben prima di quanto si credeva fino ad oggi, acquisisce sempre più importanza la comunità paleoveneta di Altino, che tende ad assumere le caratteristiche di un centro proturbano.

40 I linguisti ne hanno indicato la presenza in testi venetici e anche nell'assunzione di una tipica antroponimia gallica: i nomi incisi sui ciottoloni di Padova, calzavara capuis l., chieco bianchi a.m. 1985, Este I. Le necropoli di Casa di Ricovero, Casa Prosdocimi, Casa Alfonsi, m MAL, II (LI serie generale), p. 179.

41    croce da villa p. 1979, Osservazioni sulla ceramica grigia di Aitino, mAqN, L, coli. 258-290.

42 rigoni m. 2003, L'alleanza tra le città venete e Roma (II-I secolo a.C.), in / Veneti dai bei cavalli, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto e Regione del Veneto, Treviso, pp. 93-104.

43 La sovrapposizione di pavimenti romani su quelli in battuto paleoveneti è stata riscontrata in varie località, quali Este, Verona, Feltre.

44   II cambiamento del corso dei fiumi nei secoli ha aumentano la difficoltà di rinvenimenti di abitati in pianura. CAPUIS 1993.

45 Nel V sec. a.C. nei villaggi d'altura si diffonde il modello della casa seminterrata, MALNATI 2003b, La nascita delle prime città: dalle comuità di villaggio ai centri protourbani (IX-VIII secolo a. C.), in / Veneti dai bei cavalli, Soprintendenza per i Beni Archeologici del Veneto e Regione del Veneto, Treviso, pp 33-44.

46   II rinvenimento di strade selciate all'interno dell'abitato ad Oderzo. bianchin citton 2003, pp. 23-32.

47 Qualche raro inumato ritrovato nelle necropoli di Este e Padova. capuis 1993. bassignano M.s. 1987, La religione: divinità, culti, sarcedozi, in buchi E. (a cura di), // Veneto nell'età romana. Storiografia, organizzazione del territorio, economia e religione, I, Verona, pp. 3H-343.pp. 191-227.

48 A partire dal V sec. a.C. nei servizi diventa costante l'allusione al consumo del vino, secondo la moda aristocratica greca ed etrusca, a cui si aggiunge tutta una simbologia relativa al banchetto.

49 Gli oggetti venivano defunzionalizzati affinchè non potessero essere riutilizzati. Le armi venivano defunzionalizzate anche perché venivano offerte in un luogo sacro.

50   Tale attività può far riferimento anche ad un rango elevato, con particolare allusione al telaio di Penelope.

51   La "prima fase" alfabetica si data alla metà del VI se. a.C. ed è attestata da un esiguo numero di iscrizioni. MARINETTI A. 2002, I tempi della scrittura, in AKEO, pp. 39-54, Montebelluna.


a cura di luigi zampieri

Ultimo aggiornamento (Martedì 28 Aprile 2020 19:08)

 

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