Classe seconda 1948-49 vecchie Scuole Elementari
IL PERIODO STORICO RECENTE - REALTA' ATTUALI O RECENTI |
Classe seconda 1948-49 vecchie
Scuole Elementari Via Villa
Ecco gli alunni che ci è sembrato di riconoscere
Fila in basso da sinistra | Fila centrale da sinistra | Fila in alto da sinistra |
1 Disarò | 1 Baston Enzo | |
2 Sconosciuta | 2 sconosciuto | 1 sconosciuto |
3 sconoscuta | 3 sconosciuto | 2 Donà Elio |
4 sconosciuta | 4 sconosciuto | 3 Ruvoletto Dino |
5 Legnaro Elsa | 5 Coin Danilo | 4 Bettini Dino |
6 Pezzato Beppina | 6 sconosciuto | 5 sconosciuto |
7 Segato Tiziana | 7 sconosciuto | 6 Tassetto Giorgio |
8 Piva Fernanda | 8 Berto Carlo | 7 Tassetto Silvano |
9 sconosciuta | 9 Novello Gianni | 8 Gottardo Paolo |
10 Dartora Lina | 10 Disarò | 9 sconosciuto |
11 sconosciuta | 11 Piva | 10 sconosciuto |
12 Degetto Luigi (figlio maestra) | 12 Maestra Degetto | |
Paolo Gottardo che con Dino Bettini ha trasmesso la foto, ricorda questa classe, con alcune annotazioni tratte da un suo memorandum; annotazioni particolarmente dedicate ai due maestri prevalenti nei suoi ricordi e sicuramente in quelli degli ex alunni di quel lontano ciclo scolastico alle elementari di Sambruson.
Scrive Paolo che ringrazio sentitamente:
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Classe mista di 33 bambini (11 bambine e 22 bambini); insegnante: maestra Degetto.
Ricordo soprattutto la struttura scolastica che mi avrebbe ospitato per tutto il ciclo delle elementari; una vecchio fabbricato comunale (abitazione trasformata in plesso scolastico) destinato all’istruzione di bambini e bambine che, usciti da tanti anni di guerra avrebbero meritato qualcosa di meglio.
L’impianto di riscaldamento centralizzato mancava; In ogni aula o stanza lo sostituiva una vecchia grande stufa in terracotta che quasi sempre veniva spenta per evitare che i fumi che uscivano dalle crepe invadessero l’aula, nuocendo alla salute. Ricordo e ringrazio con benevolenza le bidelle [(Luigia (Gigia) e Cesira], madre e figlia che svolgevano le loro mansioni come fosse casa loro; abitavano su un piccolo appartamento ricavato sull’ala sinistra del fabbricato ed erano sempre presenti. Accendevano le stufe di tutte le classi, provvedevano a fornire il materiale combustibile, a tamponare le crepe che per vetustà si creavano nella terracotta delle stufe. Fornivano gessi e cancellini per l’immancabile lavagna che serviva all’insegnante anche per far scontare il “castigo” inflitto ai discoli e molte volte per coloro che dimostravano di non aver capito la lezione.
Riempivano i calamai con inchiostro del quale conservo ancora il ricordo del suo sapore amaro e un po’ acre che inevitabilmente annusavamo e gustavamo. Succedeva quando, per imparare a scrivere, cadevano le inevitabili macchie d’inchiostro che venivano in qualche modo tolte o dalla carta assorbente, non sempre presente tra la dotazione della cartella, o con punta del dito che veniva poi succhiato nel tentativo di pulirlo. Quante macchie sui grembiuli. Grembiuli che per fortuna erano di color nero sia per i bambini che per le bambine. Il sesso si distingueva dal colore del nastro che arricchiva il colletto bianco; rosso per le bambine e celeste per i bambini.
La maestra Degetto.
Quanti ricordi con la maestra Degetto, della quale non so descrivere più di tanto; comunque quanto basta per ricordare la sua bravura e la sua pazienza.
Persona distinta, elegante; abbastanza severa nel valutare sia il comportamento che l’apprendimento degli scolari.
Nello stesso plesso scolastico erano presenti tre suoi figli; uno nella nostra classe e due in classi superiori. Puntualmente, ogni giorno, la maestra Degetto chiamava i suoi figli e, nascosti dalla lavagna si bevevano, alla nostra faccia, un “ovetto” che avrebbe dovuto apportare loro energia e vitamine. Era un’azione che sollevava l’ironia di tanti scolari che vedevano in questo comportamento una debolezza che sicuramente avrebbe influito sul giudizio positivo dell’insegnante. Ricordo pure con molta nostalgia l’odore dell’alcol “spirito” bruciato da un piccolo fornellino che la maestra utilizzava per prepararsi il caffè da prendere durante i minuti di “ricreazione”.
Ricreazione che d’inverno avveniva in classe con strascichi di disordine immaginabili. Quando la temperatura e le condizioni del tempo lo permettevano, si usciva in cortile e si correva, si sudava, ci si infangava, visto che il cortile era un po’ strano; veniva utilizzato in comunione con un agricoltore che seminava quanto più possibile. Lo spazio veniva così ridotto e naturalmente anche la coltivazione confinante veniva invasa dagli scolari che specie nel gioco “cucco” o “nascondino” cercavano di nascondersi nel granoturco o frumento seminati. Le conseguenze del comportamento dei bambini, le condizioni del terreno, magari inzuppato da recenti piogge, divenivano visibili al ritorno in classe. Il pavimento, tra l’altro formato da pietre poste in opera su terra nuda e colorate di un color rosso mattone che le rendeva tutte simili e perciò più presentabili, veniva naturalmente calpestato e riportava i segni delle nostre scorribande.
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Ecco le bidelle con rimproveri e straccio per le pulizie del caso.
Quanti rimproveri; sopportati nella speranza che non venissero segnalati ai genitori; cosa che poteva avvenire facilmente in quanto tra genitori e bidelle c’erano molte possibilità di scambi di vedute e considerazioni sul comportamento di noi scolari.
Le bidelle infatti erano molto impegnate anche in parrocchia; ricordo che durante la lezione di catechismo in parrocchia, la Gigia e la Cesira passavano per chiedere un obolo per i “moretti” d’Africa; obolo che sarebbe stata versata alle istituzioni che provvedevano in qualche modo al sostentamento delle popolazioni Africane. Era un periodo che non aveva ancora visto l’emigrazione dei “neri” in occidente. Era considerato, da tanti di noi, un dovere e un piacere poter aiutare queste povere popolazioni.
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Il maestro Basso:
Oltre che di didattica, era un vero maestro di “educazione” e di “vita”. Quanti bei momenti da ricordare portiamo con noi. Con noi, perché ogni qualvolta ci ritroviamo con gli amici con i quali abbiamo condiviso quegli anni di scuola, non manca occasione per ricordarlo e per constatare quanto il suo metodo di lavoro, la sua maniera di educare, il suo atteggiamento amichevole, siano stati un grosso contributo per la nostra costruzione umana.
La giusta severità e il modo di proporre ai suoi allievi gli insegnamenti intrattenendoci con letture e racconti molto attinenti al periodo storico che stavamo vivendo, visto il poco tempo trascorso dalla fine della seconda guerra mondiale. Faceva rivivere la storia attraverso i suoi racconti, con la massima partecipazione e tanta attenzione.
Era un grande esegeta della prima guerra mondiale, durante la quale ha perso un caro familiare. Sapeva tutto sulla prima guerra mondiale; la raccontava a noi con una partecipazione tale che molti di noi uscivano dalle lezioni soddisfatti e per nulla stanchi. Avrebbero voluto anzi che queste lezioni non terminassero mai. Tornavamo a casa con la certezza di aver riempito la nostra memoria di argomenti importanti che sicuramente non avrebbero lasciato la nostra memoria. Ed è la verità. A distanza di così tanti anni ancora mi sembra di vederlo e sentirlo.
Con lo stesso maestro, negli anni seguenti, ho continuato un rapporto di amicizia, sia per l’impegno politico comune, sia per i principi religiosi che anche lui ha contribuito a imprimermi. Amicizia rispettosa, tanto da non essere capace di darle del “tu”.
Ci insegnava tante belle cose. Con il suo insegnamento ha contribuito a creare una squadra che, anche negli anni successivi, avrebbe coltivato quei principi di amicizia e solidarietà che lui ci aveva insegnato dalla cattedra.
Una particolarità della mia vita vissuta in quegli anni e alimentata dal maestro Basso.
Visti i suoi sentimenti religiosi e per la presenza di uno stretto familiare (fratello?) in un non ricordato ordine religioso (non secolare), mi aveva suggerito di vagliare la possibilità di entrare in seminario che si trovava in provincia di Bergamo. Dopo averne parlato con i genitori e di aver trovato la mamma consenziente al contrario del papà che riteneva giusto attendere qualche anno affinché la mia scelta fosse più consapevole, decisi per il no. Forse nel mio cuore non era nata la vocazione. Dopo aver ricevuto tutte le indicazioni sull’ordine religioso e sul corredo da preparare, forse per il distacco da fratelli e genitori, forse per la distanza che a quei tempi sembrava troppa, forse per la diversa tendenza che da lì a pochi anni avrei deciso di prediligere, la tesi di papà “di attesa di una maggiore maturità” ha avuto la meglio. In seguito infatti il destino e il cuore hanno deciso di ritenere più opportuna questa decisione, vista la mia decisione di formare famiglia.
Elementi fondamentali di riconoscenza per quanto ricevuto gratuitamente dall’amico e maestro Millo Basso meriterebbero di essere approfonditi e valorizzati.
Mi limito ad un malinconico ricordo che nasconde però tante storie di contentezza, di amicizia, di tante occasioni di apprendimento di molte notizie che mi hanno arricchito e maturato.
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Gite scolastiche in luoghi dove la prima guerra mondiale ha vissuto giornate di martirio e giornate eroiche. Queste venivano esaltate dalla sua maestria nel raccontarne la storia e nel trasmetterla in modo talmente appassionato da farle vivere mentalmente con l’ansia e l’amor patrio che lui ci insegnava e si impegnava di tramandare. Non mancava mai l’invito a cantare l’”inno nazionale” o il “va pensiero”, in classe o durante le gite scolastiche, in occasione delle feste nazionali e di visita ai luoghi sacri di guerra.
Qualcuno lo ricorda come maestro severo e scontroso; purtroppo qualcuno di noi suoi ex allievi avrà vissuto il periodo scolastico in modo diverso, forse frutto del loro carattere che non sopportava di doversi piegare al suo modo di educare; un po’ duro di carattere, ma capace anche di slanci di amicizia e sopportazione non indifferenti.
In ogni caso sfido oggi un docente a dimostrarsi sempre garbato con aule allora affollate da più di trenta bambini. Mancano oggi genitori che ad ogni azione del docente nei confronti dei loro figli ritenuta negativa, lo appoggino e considerino il suo comportamento utile alla formazione caratteriale del figlio.
Importante per modificare comportamenti scorretti. Certe volte la maniera di insegnare contribuisce a modificare sia il carattere, il rispetto e l’impegno scolastico.
Oggi sono invece pronti alla protesta, senza sforzarsi di capire che tali situazioni sono elementi importanti per irrobustire il carattere dello studente che, una volta cresciuto, capirà il valore di questi momenti di apparente difficoltà.
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Il mio percorso scolastico, cominciato in quel di Venezia nel 1946 presso l’Istituto Cavanis con la frequenza della 1^ e parte della 2^ elementare, è continuato a Sambruson di Dolo dal mese di febbraio 1949 e dove ho terminato il 1° ciclo d’istruzione con buoni risultati, tanto che ai miei genitori è stato dato parere favorevole perché continuassi frequentando a Dolo il secondo ciclo (scuole medie).
Allora, nel 1951, siamo stati solo in due da Sambruson a proseguire gli studi frequentando la scuola media parificata (a pagamento) “Ettore Tito” di Dolo. (Zampieri Anna e Gottardo Paolo).
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a cura di Luigi Zampieri
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Ultimo aggiornamento (Martedì 19 Maggio 2020 15:28)