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ETTORE TITO

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PERSONE - PERSONE ILLUSTRI

ETTORE TITO

Biografia

Conclusi gli studi all'Accademia di belle arti di Venezia, si rivelò con il dipinto Pescheria vecchia nel 1887. Fra i soggetti che rappresentò ci sono ritratti, soggetti marini, paesaggi ma anche soggetti mitologici e religiosi ispirati alla pittura veneta del XVIII secolo. Nel 1933 gli fu incaricato il rifacimento del soffitto della Chiesa di Santa Maria di Nazareth (Venezia), dove sostituì la decorazione di Giambattista Tiepolo, distrutta nel 1917. Il suo talento si espresse però, in maniera più completa, nel realismo della vita veneziana popolaresca.

Fu anche uno scultore di ispirazione classicheggiante.

Opere pittoriche

Numerosi dipinti di Tito sono conservati in collezioni private, fra le quali la più notabile è la Collezione Antonveneta. Quelli permanentemente esposti in musei includono:

La pescheria vecchia a Venezia

  • La pescheria vecchia a Venezia (1887), Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma
  • Breezy Day in Venice (1891) Museum of Fine Arts, Boston
  • Autunno (1897) Ca' Pesaro, Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Venezia
  • Sulla laguna (1897) Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Venezia
  • Chioggia (1898), Museo d'Orsay, Parigi
  • L'onda (1902) Museo de Arte Italiano, Lima
  • La nascita di Venere, (1903) Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Venezia
  • Dopo la pioggia a Chioggia (1905), Galleria d'Arte Moderna "Ricci Oddi", Piacenza
  • L'amazzone (1906) Frugone Collection, Museo Villa Grimaldi Fassio, Genova
  • Baccanale (1906) Galleria d'Arte Moderna, Milano
  • Pagine d'amore (1907) Collezione Frugone, Museo Villa Grimaldi Fassio, Genova
  • Amore e le Parche, (1909) Galleria d'Arte Moderna, Palermo
  • Il bagno (1909) Museo d'Orsay, Parigi
  • Le dune (1909) Galleria d'Arte Moderna Firenze
  • La gomena(1909) Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma
  • Laguna (1910) Collezione Frugone, Museo Villa Grimaldi Fassio, Genova
  • Oxen Plowing (1911), Brooklyn Museum, New York*Le ninfe (1911) Galleria d'Arte Moderna "Ricci Oddi", Piacenza
  • Autunno (1914) Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea, Roma
  • Autoritratto(1919), Galleria degli Uffizi, Firenze
  • L'aria e l'acqua(1922) Art Gallery of New South Wales, Sydney
  • Ritratto della Marchesa Malacrida (1926) Galleria Internazionale d'Arte Moderna, Venezia

Bibliografia

  • Bettagono Alessandro, Fondazione "Giorgio Cini.", Ettore Tito, 1859-1941, Vol. 56 di Cataloghi di mostre, anno 1998, Electa, ISBN 8843567292, pag.243
  • Monteverdi, Mario, Storia della pittura italiana dell'Ottocento, Vol. II, anno 1984, edit.Bramante
  • Reale Accademia d'Italia, Annuario della Reale Accademia d'Italia, Volume 13, 1942
  • Lucco, Mauro and De Grassi, Massimo (eds.) Pittura nel Veneto: L'Ottocento, Electa, 2002

ETTORE TITO, nato a Castellammare di Stabia il 17 dicembre 1859. Di madre veneziana, fu condotto fanciullo a Venezia dove ha sempre vissuto e operato. Fu allievo dell'Accademia veneziana. Esordì all'arte in modo inevitabilmente favrettiano, come quasi tutti gli altri pittori suoi contemporanei, scegliendo i suoi motivi nella vita popolare della città della Laguna. Opera sua più importante, in tal genere, è quella Pescheria vecchia del 1887 alla Galleria nazionale d' arte moderna di Roma. Su tale realismo vernacolo egli non insiste molto, e ritorna ad esso, in modo sporadico, e più libero, come in Sulla Laguna, in Pelatrici di noci e in motivi di Chioggia. Il Cinquecento e il Settecento veneziani l'orientano verso un largo decorativismo che prende in lui carattere di quasi neobarocchismo assai piacevole e vibrante. Un disegno sensibile e sinuoso, un tocco preciso e vivissimo, un brillare di colore assai più ricco di pigmento che di tono lo farebbero rappresentante egregio di quel particolare modo di dipingere, di un dato momento dell'Ottocentismo europeo, che fu di Sargent e di Zorn, di Boldini e di Sorolla, se quel neobarocco di cui s'è detto non creasse a Tito una specie di stilismo pittorico particolare. Ad esso perciò va riportato quel suo mitologismo di ondine, di centauri, di baccanali, di ninfe, di amorini, di parche, di veneri, di tritoni; quel suo comporre in maniera larga e popolosa, come in La Gloria di Venezia, in Il 25 aprile 1912, nelle decorazioni del vestibolo della villa Berlingeri a Roma, nella sua ultima fatica del soffitto della chiesa degli Scalzi a Venezia. Decorativismo visivo, virtuoso e di superficie che gli ha suscitato le acerbe critiche di coloro che preferiscono pittura più costruita, più sostanziosa ed essenziale, e che lo ha fatto considerare, a torto, una specie di Paolo Veronese o di Tiepolo con la Kodak.

Ma, ove, fuori dell'aneddoto vernacolo e dello pseudo settecentismo d'occasione, T. opera in modo da contemperare tali tendenze bilanciandole sul filo d'una sua serena sensibilità, in paesaggi ariosi, in visioni alpestri, in larghe piane con bovi all'aratura, in luminosi idillî, in lagune d'un blu bellissimo, quasi minerale, egli dà il massimo delle sue possibilità pittoriche. Tali motivi amati e ricercati da collezionisti gli hanno dato agiatezza e rinomanza. Sue opere si trovano nelle principali gallerie d'Europa.

È accademico d'Italia.

ETTORE TITO ebbe a Napoli come primo maestro l’olandese Van Haanen, ma ben presto si recò a Venezia dove studiò con Pompeo Marino Molmenti. Espose il suo primo quadro, Pescheria vecchia a Venezia, alla Biennale di Venezia del 1887, quadro che ebbe grande successo e fu acquistato dal Governo per la Galleria d’Arte Moderna di Roma. Da allora espose a quasi tutte le principali mostre italiane. A Roma, nel 1911, diede alla pittura religiosa un’opera notevole vincendo uno dei grandi premi per la pala d’altare con La deposizione della Croce, acquistata in seguito dal Museo di Buenos Aires. Espose frequentemente all’estero: a Parigi, a Monaco di Baviera, a Vienna, a Budapest, a Londra, a San Francisco, a Bruxelles, dove nel 1915 il suo quadro La gomena (conservato nella Galleria d’Arte Moderna di Roma), ottenne il gran premio assegnato all’Italia. Nel 1919 ordinò a Milano una mostra personale. Pittore fortunato, ebbe sempre il favore del pubblico e della critica per la sua arte facilmente comprensibile, chiara, senza problemi né tormenti. «Salubre e serena, l’arte sua ignora la bruttezza» (Ugo Ojetti).
La grande abilità tecnica, la felice disinvoltura, il raro virtuosismo degli scorci e degli effetti di luce, la vivacità del colore e la scelta dei soggetti sempre all’aria aperta, hanno dato all’opera di Ettore Tito un inconfondibile prestigio. Le sue grandi composizioni allegoriche sono state eseguite su pareti affrescate e in queste si nota una spiccata ispirazione tiepolesca. Ed anche nelle altre opere è palese l’influenza della pittura del settecento veneziano. Alcune sue opere sono:
Ampio orizzonte; Discesa; Autunno, nella Galleria d’Arte Moderna di Roma; Baccanale, in quella di Milano; La nascita di Venere; In laguna, nella Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia; Ninfe a Chioggia dopo la pioggia, nella Galleria d’Arte Moderna Ricci Oddi di Piacenza; Bovi, nella Galleria «Paolo e Adele Giannoni» di Novara; Chioggia, nel Museo d’Orsay di Parigi; Adamo ed Eva; Il corsaro; Lago di Alleghe; La domenica a Fobello; Fondamenta; L’attesa; Il disegno; Le pelatrici di noci; Il centauro; Girotondo; Solitudine; Samaritana; Vecchia e bambino; Dal belvedere; Vicolo di paese
.
Sono pure del pennello di Ettore Tito gli smaglianti affreschi nella Villa Berlingeri a Roma. Con l’affresco sulla volta della Chiesa degli Scalzi a Venezia, opera di vasta mole portata a termine nel 1933, egli sanò una dolorosa ferita di guerra inflitta all’arte e alla pietà religiosa dei veneziani, che il 24 ottobre 1915 avevano perduto la mirabile finestra aperta nel cielo dal pennello di Giovan Battista Tiepolo.
Ettore Tito ebbe il più grande riconoscimento ufficiale con la nomina ad Accademico d’Italia nel 1929, al costituirsi dell’Istituto, tra le prime nomine proposte al Re dal Capo del Governo per la classe delle Arti.

La Villa Tito

Via Ettore Tito 12, Sambruson di Dolo (VE)

Villa Tito, di costruzione probabilmente settecentesca, fu nello scorso secolo la dimora di campagna dell’artista veneziano Ettore Tito.
All’interno della villa si conserva oggi ancora il suo cavalletto da pittore e diverse stanze ancora conservano alcuni elementi decorativi voluti dall’artista stesso.
Lo spirito artistico della casa si continua a respirare: fu pittore il figlio di Ettore, Luigi (1907-1991), ma ne continua la tradizione familiare anche il pronipote Eppe.
Il parco all’inglese che circonda la residenza nasconde una ghiacciaia sotto ad una tipica collinetta ed una cedraia. Curioso è anche l’oratorio della casa diviso in tre sezioni distinte, ed unico nel suo genere.


a cura di Luigi Zampieri


 

Ultimo aggiornamento (Martedì 24 Marzo 2020 11:38)

 

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