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La Nuova di Venezia e Mestre
LUNEDI 21 OTTOBRE 2019
Biografia
Nasce a Dolo (VE) da famiglia borghese. Si è diplomata all'Accademia di Belle Arti di Venezia sotto la guida di Giuseppe Santomaso. In quegli anni frequenta l'ambiente veneziano con Viani, Vedova, Cesetti, Saetti.
Fin dall'inizio della sua carriera Maria Baldan si dedica allo studio della natura, che ricorre nelle proprie opere sviluppandosi in filoni di influenza spesso spazialista, raggiungendo una personale sintesi di arte informale e tradizione veneta. Allo stesso maestro dello spazialismo Lucio Fontana la Baldan dedicherà una sua opera esposta all'Hotel Ancora di Cortina, durante una sua personale negli anni '90. Il percorso artistico di Maria Baldan si sviluppa soprattutto dal punto di vista intellettuale e filosofico con l'astrazione delle forme naturali e la fluidità del passaggio delle stesse ad altri tipi morfologici e archetipi formali e geometrici. Negli anni sperimenterà differenti tipi di approcci metodici al suo tema ricorrente, passando dalle grafiche, alle sculture, fino ai gioielli . La sua carriera la porterà a conoscere e frequentare Carlo Cardazzo e gli artisti che ruotarono attorno alla medesima e importante galleria milanese: espone in mostre minori ad inviti con artisti e amici come Milena Milani, Remo Bianco.
Gli anni della grafica
Negli anni '60 e '70 si dedica alla ricerca sulle grafiche e le acqueforti, che le porterà molte soddisfazioni e riconoscimenti internazionali. Risale al 1961 il Premio per l'Incisione "Bevilacqua La Masa"; nel 1964 parteciperà alla XXXII Biennale d'Arte di Venezia. Nel 1965 partecipa alla Quadriennale di Roma e nello stesso anno partecipa su invito con altri artisti italiani ad uno scambio culturale con un viaggio in Unione Sovietica. Nel 1968 ha esposto le sue opere nel Museo d'arte Moderna di New York. In questi anni, contemporaneamente, hanno luogo anche le esposizioni nelle gallerie di Carlo Cardazzo, Gian Ferrari (Milano), Catherine Viviano (New York), Il Cavallino (Venezia).
La ricerca spaziale
Negli anni '80 inizia a dedicarsi allo studio delle composizioni plastiche, facendo ricorso a metalli e a superfici specchianti applicati su pannelli dipinti. L’opera artistica esplora il rapporto dell’uomo con il mondo della natura questa volta in modo molto più fisico, rispetto ai primi anni: non è più la carta il mezzo espressivo per eccellenza ma il metallo in cui si trasformano gli elementi fondamentali dell’acqua e della terra. I colori blu, rosso e nero delle tempere, l'acciaio trattato a specchio, oppure a sassi o rami, smaterializzati e astrattizzati vengono illustrati ed esposti in un contesto completamente asettico, molto grafico ma molto evocativo. Con queste opere, nel 1994 viene invitata alla "IV Biennale Donna" di Ferrara ed espone al Palazzo dei Diamanti.
Dal 1988 fa parte del direttivo dell'Associazione Moderata Fonte insieme ad altre artiste venete.
A casa dell'artista
Maria Baldan, in via Argine sinistro, Sambruson
testi di Alessandra Pucci
fotografie di Luccia Danesin
La casa di Maria Baldan appare luminosa tra il verde del giardino all’italiana profumato di bosso, e, sullo sfondo, gli alberi secolari che ombreggiano il parco e lo delimitano dal fiume, che scorre oltre l’argine sinistro.
Maria ci accoglie con la simpatia che vibra nella sua voce e nel verde cangiante dello sguardo. I quadri alle pareti del vestibolo non lasciano dubbi sulle preferenze di Maria per l’arte contemporanea: Morandis, Zotti, Plessi, e altri, raccontano dei suoi anni veneziani all’Accademia, con Santommaso, Viani, Vedova, Cesetti, Saetti, quando Venezia era vivacissimo centro di progetti e d’idee.
Stanze chiare, antichi rami lucenti, comode poltrone, invitano alla conversazione brillante in un’atmosfera serena, di cui l’artista è dispensatrice. Nel tratto c’è la vivacità di un carattere esuberante, di quella “venezianità” ormai così rara e perciò preziosa. Foto ritratto n. 1
Sorseggiamo dell’ottimo prosecco, poi saliamo nello studio o “pensatoio”: ciclamini davanti alla vetrata che dà sul giardino dei limoni; pareti tappezzate di librerie, quadri e manifesti con luoghi e date di mostre personali, che scandiscono il percorso della sua intensa attività artistica.
Sul tavolo da lavoro, tra gli strumenti necessari per dare forma alle idee, sfogliamo le due monografie che documentano il lavoro prezioso dei gioielli, e quello dei grandi pannelli polimaterici (legno, ferro, smalto e acciaio) esposti alla Villa Reale di Stra nel 2002.
Lavoro e impegno sono sistematici intorno al tema della natura, di cui l’artista è da sempre attenta interprete, capace di cogliere il senso della poesia nei luoghi e negli spazi che la circondano: fiori rossi di metallo si ergono sullo sfondo compatto di blu oltremare, o lune di acciaio si specchiano su canneti misteriosi. Tre soli colori per dire tutto: Blu, Rosso, Bianco. La poesia e la pittura giapponese in qualche modo sembrano essere motivo d’ispirazione o di contatto per il suo stile essenziale al limite dell’astrazione, e sempre concettuale.
Nella dependance della casa, c’è un piccolo prezioso museo delle sue opere più importanti: grandi pannelli dove l’azzurro è protagonista di un dialogo con gli elementi della natura.
Sedute al centro della stanza, le nostre immagini si riflettono sulle superfici di metallo lucente, o diventano ombre su vetri e sassi, che come detriti affiorano dal suo mare.
Alle pareti delle altre stanze si susseguono le acqueforti degli anni ‘60 e ‘70, quando Maria era molto impegnata nella ricerca grafica, tanto da imporsi a livello internazionale.
E’ il periodo della Biennale di Venezia, e della mostra a New York e nelle più accreditate gallerie italiane (Gianferrari e Cardazzo).
La forte personalità e il desiderio mai soddisfatto di raggiungere sempre nuovi traguardi la rendono un’artista instancabile ed energica, mai soggetta alle mode, né ai condizionamenti di critici e galleristi: c’è nel suo carattere un pensare aristocratico che la preserva dai compromessi, tanto frequenti nei cacciatori di successo.
Dell’interesse riservatole dal mondo accademico è testimonianza la tesi di laurea di Daniela Bugno, alla Facoltà di Lettere Ca’ Foscari di Venezia, dal titolo: “L’universo nella natura di Maria Baldan”. Storicizzazione di grande rilevanza per un’artista che ha privilegiato l’esperienza personale, senza lasciarsi attrarre dalle lusinghe di un mercato come quello attuale, che spesso attribuisce consenso e visibilità in un modo che appare fin troppo condizionato dal denaro, più che da una scelta estetica.
Maria si entusiasma parlando degli artisti più amati: Fontana, Hartung, Burri e Kifer, o delle scrittrici di fama come la Yourcenar, la Duras e la Maraini; a tutti è legata anche dal sentimento del fluire del tempo, dell’impossibilità di afferrarne il senso, che però nella ricerca espressiva viene rappreso, fissato come per magia nella parola, nel segno, per un messaggio che resterà oltre di noi.
Su questo “oltre” si affina la materia che Maria assembla con paziente perizia, cercando la fusione tra l’apollineo e il dionisiaco del suo temperamento mai domato dalle difficoltà, sempre pronto a ricominciare.
Calma e dinamismo coesistono nel suo carattere, nella personalità che a volte la rendono simile ad uno spadaccino, oppure ad un poeta. Appassionata viaggiatrice, racconta di luoghi e persone con vivacità, trasformando quelle esperienze in suggestivi arazzi di parole.
articolo a cura di Luigi Zampieri
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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 10 Giugno 2020 12:13)