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IL PERIODO STORICO RECENTE - REALTA' ATTUALI O RECENTI

Notizie storiche sulla prima Scuola Elementare di Sambruson

All'epoca nella quale la scuola di Sambruson fu aperta per la prima volta, sotto il regno Lombardo-Veneto, l'istruzione primaria comprendeva tre tipi di scuole: le Elementari Minori, le Elementari Maggiori, le Elementari Tecniche (1). Le scuole elementari minori, «istituite ovunque si tiene un libro parrocchiale» accoglievano i fanciulli dai sei ai dodici anni per i primi rudimenti del sapere. Le scuole elementari maggiori — di tre o di quattro classi — erano aperte nei capoluoghi di provincia e nelle città più importanti per la preparazione dei gio­vani che volevano continuare gli studi. Una delle scuole elementari maggiori di Venezia assumeva il nome di Normale, «come quella che serve di norma a tutte le altre scuole elementari». Le Elementari Tecniche (o Reali Inferiori) — di due o di tre classi — avevano pressappoco la funzione dei nostri Avviamenti Profes­sionali.
La frequenza delle Elementari Minori era obbligatoria per tutti i ragazzi dai sei ai dodici anni; in caso di inadempienza, alle famiglie veniva inflitta una mul­ta di mezza lira austriaca (una lira austriaca equivaleva a lire italiane 0,87) per ogni mese di assenza.
Per l'apertura di queste scuole era necessario che gli obbligati della circo­scrizione parrocchiale fossero almeno cinquanta; quando non raggiungevano questo numero poteva «provvedersi alla loro istruzione nel modo più conve­niente senza istituire una scuola regolare»: in pratica si associavano in un'unica scuola due o più parrocchie. Quando i ragazzi — maschi e femmine — erano più di cento, si poteva istituire una seconda scuola. Più spesso, però, si affian­cava all'unico maestro un assistente, con facoltà di aggiungerne un secondo quan­do il numero degli obbligati toccasse i duecento.
Nelle Scuole Elementari minori si insegnavano, in prima classe «le massime fondamentali della Religione Cattolica, il leggere, lo scrivere e l'aritmetica mino­re a memoria (cioè soltanto orale); nella seconda i principi di Religione ancora, l'aritmetica anche in iscritto, il confronto dei pesi, delle misure e delle monete in corso, le regole della decenza e dell'urbanità (cioè — se vogliamo — l'educa­zione morale e civile], e i primi precetti per esprimere ordinatamente in iscritto le proprie idee» (Istruz. 18 luglio 1819). La dirczione di queste scuole era affi­data ai parroci, mentre le funzioni ispettive erano esercitate da ispettori distret­tuali, da ispettori provinciali e dall'Ispettore in Capo che aveva competenza su tutte le provincie venete. Per questi uffici venivano preferibilmente scelti degli ecclesiastici.
L'insegnamento elementare era molto curato dall'Austria: Maria Teresa, Giuseppe e Leopoldo — si sottolineava — aprirono le scuole elementari nei di­versi Stati della Monarchia, Francesco I rese gratuita e obbligatoria l'istruzione primaria a tutti i sudditi, Ferdinando I contribuì all'educazione della donna e volle che pubbliche scuole femminili sorgessero in tutte le città e nei principali borghi e villaggi, Francesco Giuseppe aprì nelle provincie lombarde e venete le Scuole Reali.
Nel Veneto le scuole elementari ebbero un discreto sviluppo, a differenza (delle provincie illiriche e della Dalmazia, dove venivano frequentate da un terzo degli obbligati, e della Galizia, dove lo erano soltanto da un sesto. Contribuiva a questa maggiore efficienza la gratuità dell'istruzione primaria, che in molti altri paesi dell'Impero comportava invece il pagamento di una tassa annuale. Nel 1849 le scuole Elementari Maggiori erano nel Veneto 34, le Elementari Mino­ri 1577, le Femminili 78. Gli obbligati erano 135.698 maschi e 135.164 femmine; i frequentanti rispettivamente 82.110 e 7.447. In provincia di Venezia (che com­prendeva i distretti scolastici di Venezia Interno, Venezia Esterno, Mestre, Dolo, Chioggia, Mirano, San Dona di Piave, Portogruaro) nel 1858 le scuole Elemen­tari Minori erano 105 maschili e 18 femminili; nel distretto scolastico di Dolo 20 maschili e 2 femminili. I maestri erano, nella provincia, 120 maschi e 25 femmine (2).
Le Elementari Minori erano a carico dei Comuni, e insieme con le condotte mediche e con la manutenzione delle strade rappresentavano l'onere più gravoso, al quale molti Comuni non 'erano in grado di far fronte, specie dopo l'abolizione della «tassa personale» ed il divieto di applicare addizionali al dazio di con­sumo. In molti Comuni di campagna, per le pessime condizioni finanziarie, le scuole funzionavano solo in apparenza. « Quanto alle scuole — scriveva il Com­missario imperiale Montecuccoli il 23 ottobre 1848, formulando un progetto di riforma della finanza locale — varrà il principio che è meglio averne poche e buone che molte e cattive»: molti Comuni presero alla lettera questa racco­mandazione e si affrettarono a chiudere le loro scuole, provocando una severa diffida degli organi di Governo a non prendere iniziative del genere.
I Comuni, dunque, provvedevano a tutte le spese per le elementari minori, e precisamente alla costruzione e all'adattamento dei locali, alla fornitura dei mobili e di cancelleria, al pagamento degli stipendi degli insegnanti. Restavano escluse le spese per il riscaldamento invernale, ritenuto utile soltanto nelle pro­vincie di Belluno e di Udine, dannoso nelle altre, «visto che il permetter fuoco nelle scuole ove frequenta per lo più gioventù campestre renderebbe molle il fi­sico e farebbe loro sentire un bisogno finora sconosciuto; visto che se i locali sono ben riparati, come debbono esserlo, non v'ha d'uopo di caricare i Comuni di una spesa più dannosa che utile». (3)

La scuola elementare di Sambruson, scuola Elementare Minore, fu aperta nel periodo compreso fra il 1818 ed il 1825.

Nei bilanci del Comune di Dolo per gli anni 1816 e 1817, infatti, non è re­gistrata alcuna spesa per la scuola di Sambruson: nel preventivo 1816 il Co­mune destinava alla Pubblica Istruzione soltanto 960 lire italiane, tutte stan­ziate per l'unica scuola in funzione, quella del capoluogo, che assorbiva 160 lire per affitto di locali e per libri, rimanendo il resto destinato allo stipendio dei due maestri (lire 400 annue ciascuno). (4) I bilanci del Comune di Dolo per gli anni seguenti dal 1818 al 1825, offrono soltanto dati complessivi, che non consentono di stabilire con certezza in quale di essi sia stata aperta una scuola a Sambruson. E' solo nel bilancio consuntivo 1826 che vediamo per la prima volta registrata la spesa per il funzionamento della scuola elementare minore di questa frazione: L. 345 austriache annue per lo stipendio del maestro— tal Luigi Poda, per la cronaca — e L. 70 di fitto per i locali, di proprietà del signor Agostino Vanzan. Continuava a funzionare la scuola del capoluogo, con un maestro principale a L. 690 annue ed un secondo maestro a L. 518, mentre nel Comune risulta aperta anche una terza scuola, quella di Arino. (5) Gli sti­pendi degli insegnanti delle scuole Elementari Minori del Lombardo-Veneto do­vevano essere compresi fra un massimo di annue lire austriache 1200 e un mi­nimo di 800 per le scuole di Milano e di Venezia, fra le lire 800 e le 600 per quelle dei capoluoghi di provincia e di poche altre città principali, fra le 600 e le 350 per quelle degli altri Comuni; gli assistenti non dovevano prendere meno di lire 400, 300, 200, rispettivamente. Erano però fatte «salve le particolari convenzioni tra i Comuni e le persone che — o per essere d'altronde provve­dute o per altre circostanze — si prestassero a fare il maestro per una rimune­razione annuale al di sotto della misura minima, la quale in ogni caso non è applicabile allo stipendio delle maestre, che può essere molto più limitato, spe­cialmente nelle campagne». (6)
Lo stipendio dei due maestri di Dolo era, dunque, relativamente buono, mentre quello del maestro di Sambruson raggiungeva a malapena il limite più basso, e tale lo vediamo mantenersi per molti anni. Nei bilanci dal 1832 al 1842 esso continua ad essere corrisposto, sempre nella misura di lire 342 annue, al maestro Paolo Rizzi, che rimane nella sede di Sambruson fino alla sua morte, avvenuta il 10 agosto 1842. (7) Nel 1852, invece, il maestro Giuseppe Cendon riceve L. 403 annue. Sempre sulle L. 690 resta — almeno fino al 1852 — lo sti­pendio annuo del maestro principale di Dolo, e sulle L. 518 quello del secondo maestro. (8)
Nel 1862 il maestro di Sambruson, tale Olivo Zante, riceveva 180 fiorini annui (un fiorino era pari a lire italiane 2,47). Una proposta d'aumento di 39 fiorini l'anno venne bocciata dall'autorità governativa: se il titolare del posto non era contento dello stipendio era libero di dare le dimissioni, ed il Comune avrebbe bandito un nuovo concorso per la sede, senza mutare il trattamento economico. (9)
Poiché nella frazione di Sambruson era aperta una sola scuola Elementare Minore, la popolazione scolastica doveva essere compresa fra le cento e le cin­quanta unità, più verso il massimo che verso il minimo, presumibilmente, dati i criteri di economia ai quali si ispiravano generalmente i Comuni. Da un rapporto dell'8 dicembre 1862 dell'Ispettore Scolastico Distrettuale, però, risulta che la scuola era ordinariamente frequentata da una cinquantina di alunni. (10)

All'epoca della dominazione austriaca la popolazione totale della frazione era la seguente :

anno abitanti

1802                                                    1694
1816                                                    1206

1819                                          1883

1820                                          2313

1821                                          1750

1822                                          1906

1826                                          1838

1827                                          2033

1828                                          2197

1829                                          1846

1830                                          2175

1831                                          1910

1832                                          2053

1834                                          1923

1835                                          2392

E' veramente notevole l'ampiezza di queste variazioni, che sono probabil­mente dovute a fenomeni migratori. I valori, tuttavia, dopo il 1819 oscillano intorno alla cifra di duemila abitanti, con punte massime oltre i 2300 nel 1820 e nel 1835, ed una minima di 1750 nel 1821, Mancano, purtroppo, notizie per gli anni posteriori al 1835, nei quali non si trova più l'indicazione della po­polazione delle singole frazioni, ma soltanto quella complessiva del Comune di Dolo.
Dopo l'Unificazione la scuola prese uno sviluppo sempre maggiore. Nel 1879 il corpo insegnante di Sambruson si componeva di un maestro (a L. 800 annue), di una maestra (a L. 650) e di due «assistenti didattici» (a L. 125 l'uno). Vediamo per la prima volta comparire anche una bidella, alla quale sono assegnate lire 120 l'anno. (12)

La scuola di Sambruson non ebbe per molto tempo una sede propria in un edificio comunale. Infatti tutti i bilanci del Comune di Dolo dal 1826 al 1852 recano la registrazione della spesa per l'affitto dei locali: L. 70, come si è già detto, nel 1826, L. 90 nel 1835, L. 110 nel 1842, L. 200 (agli eredi De Camin) nel 1852. Dal 1853 al 1873 la documentazione presenta una grossa lacuna. Nel bilancio del 1874 (il più antico conservato nell'archivio del Comune di Dolo, i bilanci dal 1816 al 1852 si trovano invece nell'Archivio di Stato di Venezia) ed in quelli degli anni seguenti non figura più la spesa per l'affitto dei locali della scuola di Sambruson, ciò fa presumere che il Comune avesse già da tempo risolto questo problema mediante l'acquisto di un immobile. E infatti abbiamo notizia che nel 1881 al fabbricato principale fu aggiunta una nuova aula destinata alla scuola femminile. Nel 1896, poi, fu presentata al Consiglio Co­munale di Dolo una proposta per un ulteriore ampliamento dell'edificio in con­seguenza dell'attivazione di una nuova Scuola Mista. (13) Alla Giunta Co­munale, che sosteneva che « quanto al locale sarebbe stato per ora bastante una divisione della attuale vasta sala maschile mediante un semplice paret da essere costruito subito con poca spesa », i Consiglieri opponevano che questa mi­sura doveva ritenersi soltanto provvisoria: per risolvere radicalmente il pro­blema occorreva fornire la scuola di « una nuova sala comoda e vasta, atta a contenere una ottantina di alunni ». Si ponevano perciò tre soluzioni:
1) - Nel­la scuola odierna maschile, divisa e separata a metà, installare le classi II e III tanto dei maschi che delle femmine. Nella sala della odierna Scuola femminile stanziarvi la nuova scuola mista per ambedue i sessi.
2) - Costruire a Levante del fabbricato principale una nuova sala a pianterreno eguale a quella che fu co­struita a Ponente nel 1881.
3) - Elevare un primo piano su questa ultima costru­zione erigendo una nuova sala eguale a quella esistente a pian terreno ». Si pro­spettava inoltre la necessità di provvedere la scuola di un secondo gruppo di servizi igienici, e con caratteristiche che purtroppo non vennero realizzate neppure nei sessantaquattro anni seguenti. La proposta della quale si raccoman­dava l'accoglimento era la terza, e cioè quella della soprelevazione, che avrebbe fornito «lo stabilimento scolastico di una nuova e vasta sala, la quale esclude­rebbe per lunga serie di anni il bisogno di nuovi ampliamenti.
Fu accolto soltanto il primo progetto, che era il più economico: la perizia relativa, per la costruzione di un muro divisorio, l'apertura di un nuovo ingres­so e l'ampliamento dei servizi igienici, prevedeva la spesa di sole lire 2.100, nei confronti delle 8.700 richieste dal secondo progetto e delle 5.500 che occorrevano per il terzo.
Anche gli altri due progetti, però, furono più tardi realizzati: da allora l'edificio scolastico assunse la struttura che con poche modifiche ha conservato fino al suo abbandono, nel 1961, per il trasferimento della scuola nella nuova sede.
Ins. Edda Virgili Tucci

Note

(1) Sull'argomento v. : A. sandonà: il regno Lombardo-Veneto. 1814-1859. La Costitu­zione e l'Amministrazione, Milano 1912 e M. mancini: La politica scolastica dell'Austria nel Veneto dal 1814 al 1848, in Rassegna Storica del Risorgimento, Anno XLIV (1957), fasc. IV, pp. 769-183.

(2) V. guazzo: Enciclopedia degli affari, ossia Guida universale per la cognizione e conformazione di qualunque atto e per lo sviluppo di qualsiasi affare, ccc. Padova 1853-1866: alla voce Elementari.

(3) ìbid.
(4) A.S.V. (ARCHIVIO DI STATO DI VENEZIA), Ragionateria Provinciale di Venezia, b. 10.
(5) Ibid, b. 42.
(6) V. guazzo, Op. cit. e, del medesimo: Il funzionario Pubblico, ossia manuale pratico disciplinare pe gl'impiegati reg.i, pegli addetti ai corpi tutelati e per disciplinati dallo Stato. Venezia 1846.
(7) A.S.V., Rag. Prov., bb. 67, 78 e  106.
(8) Ibid., b. 150.
(9) A.S.V., Commisi. Distrettuale di Dolo.
(10) Ibid.
(11) A.S.V., Biblioteca Legislativa, C 11(Statistica Censuaria delle Provincie Venete).
(12) A.C.D.  (ARCHIVIO COMUNALE DI DOLO), Bilanci consuntivi (1874-1900).
(13) A.C.D. Fasc. Pubblica Istruzione.


Da ricordare (a cura di L. Z.)

Ritornando ai lontani 1947/52, ricordo che, a differenza dei pesanti, stracolmi e firmati zaini e zainetti, in uso ai nostri giorni, usavamo cartelle di pezza o di cartone, a tracolla, fatte in casa.

La mia era una modesta cartella, piccola, di cartone pressato; conteneva solo un quaderno “a righe” e uno “a quadretti”, un sillabario e un astuccio in legno che fungeva da porta matita, cannotto e pennini, massimo due. Scrivevamo usando l’inchiostro e ne avevamo sempre le dita sporche. Si iniziava con il lapis e solo successivamente si passava al pennino.
La “penna bic”, inventata in Francia dal barone Marcel Bich proprio nel 1945, si diffuse solo negli anni 50/60.
La penna era dunque a cannotto, con pennini che si spuntavano, con l’inchiostro che, non correttamente intinto, spesso gocciolava sul quaderno tant’è che, per rimediare al danno, si usava  la carta assorbente.
Indossavamo tutti, bambini e bambine, grembiuli neri, con colletto bianco; la differenziazione tra maschietti e femminucce è subentrata in anni successivi, verso gli anni 50/60, quando furono introdotti per i maschietti i grembiuli azzurri con colletto bianco e per le femminucce grembiuli interamente bianchi.
Non disponevamo, allora, di astucci a scomparti vari, di penne a sfera multicolori, di matite in legno, di lapis ergonomici, di gomme da matita e da inchiostro, forbici a punta rotonda, colle stick, temperamatite, quaderni e quadernoni vari, foderati con copertine in plastica multicolore, scatole di pastelli e di pennarelli in tutte le tinte e in tutte le sfumature possibili ed inimmaginabili. Il nostro corredo scolastico era ridotto al minimo ed ispirato al risparmio. Per foderare libri e quaderni si usava la carta che avvolgeva la pasta e lo zucchero, quella carta dal color avio che non costava nulla ed era molto resistente.
Si era nel lusso quando si disponeva di un astuccio di pastelli a matita, assai ridotti nella quantità, appena sei, nei colori basilari e di grandezza di mezza matita. Ricordo i famosi “Pastelli Giotto”, di sei colori e sulla cui scatola era stampata l’immagine di un pastorello, appunto Giotto, che, con una fiaschetta al fianco, disegnava con del carbone, una pecora, su un sasso. In disparte, appoggiato ad un muretto, c’era un signore, Cimabue, che, con un copricapo rosso, lo osservava meravigliato e che, colpito dalla naturale bravura del piccolo Giotto lo accolse, poi, come narra Giorgio Vasari, nella sua bottega fiorentina.

Riporto alcune indelebili memorie legate alla vecchia scuola elementare di Sambruson.
Le lavagne nere, il cancellino in panno, i gessetti bianchi.
Gli angusti servizi igenici.
I grembiuli neri con colletto bianco e nastro azzurro.
Il grande (così ci sembrava) cortile delimitato da fossi.
Le partite di calcio fra classi, nel cortile.

Il quaderno nero con etichetta

 

La stufa in pietra (ricordo che si portava un pezzo di legno da casa)

 

La lavagna nera a quadri

 

La  mitica pagella scolastica

 

Cannotto, pennini e calamaio in vetro

 

I calamai di vetro

La cartella di cartone

 

L'astuccio in legno con cannotto e pennino a campanile

Una classe di allora

 

Le matite Fila

 

 

Il Libro di Lettura

 

Una pagina di quaderno a righe

Il Sussidiario di quinta elementare

L'aula scolastica con i banchi neri

Voglio dovutamente ricordare alcuni maestri che attorno agli anni ’50 insegnavano nella vecchia scuola elementare di Sambruson, prima dell’abbandono per il trasferimento nella nuova sede.

Maestro/a

Basso Millo
Zabeo Zefferino
Bortolazzi Ida
Granzo Renzo
Pellizzari Edda
Tomasetto

Frasson

Meneghelli Italia

Stella Marin

Busetto Bruno
Di Rosa Orazio
Lanza
Virgili Tucci

Ricordo le bidelle Gigia, Cesira e Gigetta.


a cura di Luigi Zampieri

Ultimo aggiornamento (Venerdì 06 Marzo 2020 17:18)