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Le ville venete a Sambruson

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DAL MEDIO EVO ALL'OTTOCENTO - I FEUDATARI E LE VILLE VENETE

VILLA FERRETTI, DOGE MANIN (Villa Angeli).

VIA BRENTABASSA SAMBRUSON

Prima denuncia fiscale. Jerolamo De ferretti, in Aprile 1582 denuncia all'A.S. PD : "casa domenicale con cortivo, orto e brolo di campi cinque per uso in isola di Sambruson."

Le famiglie. I Ferretti erano Vicentini e sono a Sambruson dal 1351. "La proprietà della villa passa al Serenissimo Doge Ludovico Manin nel 1789."

La famiglia. Sappiamo da un documento del 1582 che i Ferretti erano vicentini, non chiesero, come tanti altri, di essere iscritti nel­l'Albo d'oro delle famiglie nobili patrizie veneziane nel secolo XVII a pagamento, s'intende; ed essendo vicentini preferirono rinunciare alla nobiltà con l'esborso di denaro. Sappiamo, perché è documenta­to che i Ferretti sono a Sambruson fin dal 1351, quando acquistaro­no dall'Abate di San Gregorio 835 campi. Abbiamo un'altra notizia del 1536 e riguarda un Zorzi Ferretti che acquista a nome della mo­glie una casa e campi che troviamo poi affittata a Lunardo Pisani, perché ha esborsato a galder, ossia vita naturale durante, 2.659 du­cati. Non fa meraviglia pensare che sul fondo di questa casa sia poi sorta la villa attuale.

La villa. Bisogna ricorrere all'A.S.PD, per sapere che Jerolino De Ferretti con giuramento in data 4 aprile 1582, cittadino di Vicenza, in centra della Porcia denuncia: casa domenicale con cortivo, orto e brolo di campi cinque in circa per uso in Isola di Sambruson, confina da do bande la Brenta e la strada pubblica.

Nel 1627 poi Zambattista Ferretti, abitante a Padova, nel centenaro dell'Arena denuncia la casa domenicale con cortivo e brolo di campi 5.

Nel 1635 finalmente Girolamo Ferretti, denuncia ai X Savi alle Decime di Venezia la casa domenicale con cortivo, orto e brolo di campi cinque per uso in Isola di Sambruson, e si potrebbe affittare per ducati 100.

Nel 1661 Chiara Monti consorte di Z.B. Ferretti denuncia la casa domenicale con giardini, orto e brolo, e lo stesso fa il marito. Da tenere presente che nel 1658 i Ferretti avevano affittato il palazzo a Francesco Pisani per ducati 1000 a galder (ossia vita naturale duran­te). Per loro fortuna questa cessione a galder dura poco, perché nel 1665 era affittata ad altri per ducati 170. Durante le Inquisizioni del 1686 detto palazzo era affittato a Giustinian Vanedi, e nel 1711 la villa era affittata a Zuane Grimani per ducati 140, e lo stesso avvie­ne con la denuncia del 1740. Da notare che sul fondo di questa villa gravava un livello, come ex beni dell'abbazia. Non era quindi un ex convento come tutti asseriscono per la villa Foscarini di Mira, sul fon­do della quale gravava un livello di un ducato all'abazia di S. Gregorio.

Il traslato del 1768 ci fa sapere che nel 1762 era diventata pro­prietà di Alvise Grimani, a nome di Elisabetta Grimani consorte di Lodovico Manin. Il traslato però è ambiguo, perché nel 1789 da Pie­tro e Giacomo Ferretti la proprietà passa al Serenissimo D.D. Ludo­vico Manin e Pietro co. Bernardo Manin, e l'ex doge nel 1797 pre­senta la polizza democratica denunciando i suoi beni e per Sambru­son scrive: casa grande con barchessa, giardino e brolo affittata a Marco Contarini per L. 1705.

Accanto alla villa sorge l'oratorio costruito nel 1600 e in data 1774, 9 settembre, i Ferretti ottengono che sia celebrata la messa anche fe­stiva, ma senza suono di campane.

La villa, come appare dalla documentazione, è stata denunciata esistente la prima volta nel 1582, quindi era anteriore a detta data, ed il Guiotto scrive a pag. 187: nota opera progettata da Vincenzo Scamozzi nell'anno 1596. Erra il Guiotto dire che quel disegno della villa era il progetto, ma era solo il preludio delle incisioni del Coronelli, Costa, infatti il disegno è stato eseguito 14 anni dopo la prima denuncia.

Ora è conosciuta come villa Angeli, e purtroppo viene dimentica­to il primo proprietario, come per molte altre ville della Riviera del Brenta.


 

VILLA GRIMANI ORA MIGLIORINI

Prima denuncia fiscale. Di Almorò Grimani nel 1635. Definita palazzo nel 1661. gli affreschi sono attribuiti da Tiozzo al Varotari. L'oratorio di S.Filippo viene costruito nel 1729.

Le famiglie. I Grimani diedero tre dogi alla Serenissima, Antonio, Marino e Pietro. Il cardinale Domenico, figlio di Antonio fu Vescovo di Aquileia.

La famiglia. I Grimani appartenevano ad una famiglia anteriore al secolo XI. Diede tre dogi alla Serenissima: Antonio, Marino e Pie­tro, oltre a vari personaggi di spada e di chiesa. Nel secolo XVI il patriarcato di Aquileia fu monopolio della famiglia. Il doge Antonio (1436-1523) fu generale de mar, procuratore di San Marco, cercò di destreggiarsi con alleanze ora con l'imperatore, ora con la Francia. Suscitò qualche malcontento per cui nel 1499 venne accusato d'essersi lasciato sconfiggere dai Turchi di Bajazet (battaglia dello Zonchio) e di aver lasciato che prendessero Lepanto e fu perciò condannato all'esilio. Ma dall'esilio fuggì rifugiandosi a Roma, presso il figlio cardinale. Entrambi a Roma seppero difendere la causa di Venezia (eravamo allora al tempo della coalizione suscitata da papa Giulio II contro Venezia), motivo per cui fu richiamato a Venezia dove nel 1521 fu eletto doge, ma il suo governo non giovò per niente alla Re­pubblica. Alla sua elezione il popolo per le strade andava gridando: Vìva il doge Grimani che farà grossi i pani. C'era fame allora a Ve­nezia. Marino, proprietario della villa ex Cornare ad Oriago e de­molita, si mise contro la chiesa di Roma proibendo che gli enti reli­giosi a Venezia potessero avere, ricevere, acquistare beni, e perfino di costruire chiese senza il permesso del Gran Consiglio. Morì alla vigilia della scomunica papale. Durante la guerra di successione d'Austria, benché il territorio veneto fosse più volte violato, Pietro, nel 1741, non osò rompere la neutralità. Morì nel 1752.

Assai noto invece il cardinale Domenico, figlio di Antonio, patriarca di Aquileia dal 1497 al 1522, godette dell'amicizia di Giulio II, fu magnifico mecenate, raccolse una ricca biblioteca, andata distrutta durante un incendio dopo la sua morte. Lasciò a Venezia il mirabile Breviario miniato che porta il suo nome e si trova nella Biblioteca Marciana.

La villa. Abbiamo una presenza di Almorò Grimani nel 1617 si posto con campi cinque e tre quarti, e con lo stesso numero di campi anche nel 1635, ma questa volta con una casa domenicale e brolo, facile quindi individuare l'epoca di costruzione: tra il 1617 e il 1635. Aveva un'altra villa a Bormio nel Polesine. Questa denuncia del 163? viene ripetuta nel 1642, 1647 e 1661, mentre il catastico del 1661 la definisce palazzo. Lo stesso avviene con la redecima del 1711, ed il catastico del 1740 ne fa proprietario Pietro Grimani doge. Certamente il compilatore del catastico era ancora sotto l'impressione della mina del doge Pietro Grimani, ma non era questo, era di un altro ramo.


SAMBRUSON - via Brentabassa

PALAZZINA BADOER OGGI GOTTARDO

VIA BADOERA SAMBRUSON

Prima denuncia fiscale. La palazzina. Nome dato da Gia­como Badoer quando nel 1740 ne faceva denuncia: "un casino, detto la palazzina affittato per ducati 75". Nel catasto napoleonico la palazzina viene classificata come casa d'affitto, perché tale era la dicitura usata allora quando la villa non era abitata dal proprietario. Aveva un oratorio pubblico, restaurato nel 1712.

Sappiamo poi che il Badoer aveva un oratorio, restaurato nel 1712, ed era pubblico, e come tale doveva avere l'entrata sulla strada. È da pensare pertanto che il restauro di esso sia avvenuto in occasione della costruzione della palazzina, perciò tale dovrebbe essere la data della costruzione di essa.


Palazzetto Rizioli - Priuli

SAMBRUSON - via Carrezzioi

Prima denuncia fiscale.

Orlando Rizioli (fu) Pietro denuncia una proprietà di venti campi, con ca­sa da padroni, teze di paglia per lavoratori.

La villa. La prima notizia l'abbiamo nel 1661 quando Orlando Rizioli qd (fu) Pietro denuncia una proprietà di venti campi, con ca­sa da padroni, teze di paglia per lavoratori. Il catastico invece trova 28 campi e casa domenicale con brolo di campi due in Isola.

Le Inquisizioni del 1686 lo definiscono palazzo con altre fabbri­che e fa lavorare a boaria (ossia per conto proprio) 24 campi. Nel 1691 diviene proprietaria Santa Rizioli, figlia di Orlando e consorte di Michiel Venturini per testamento materno.

La vera situazione l'abbiamo finalmente nel 1711 quando Santa Rizioli qd Orlando e della qd Chiara Foscari denuncia: casin a pè pian con brolo di campi due e un po' di barchessa. Bisogna ar­rivare al 1797 quando Priuli Antonio denuncia a Fosso': campi 10 di brolo, orti e giardini con casa domenicale e barchesse, mentre a Sambruson: campi due di brolo con una barchessa posta alla Miravecchia e altre adiacenze per L. 680, mentre a Sant'Urbano d'Este de­nuncia due casini e una casa domenicale.

Fa meraviglia la documentazione 1661: casa da padroni; catastico: casa domenicale, Inquisizioni 1686 palazzo, casino a pè pian, 1797 barchessa.

La barchessa contiene dipinti attribuiti al Cinquecento, non cor­rispondono però alla documentazione. Un caso simile lo abbiamo tro­vato nella villa Grimani-Migliorini, con dipinti attribuiti al Varotari, quando la villa non c'era ancora.

 


PALAZZETTO MOLIN POI TITO

SAMBRUSON VIA E.TITO

Prima denuncia fiscale. Presentata nel 1797 da Marco Molin all'archivio di stato di PD come : " casin con barchessa, chiesa, marezzana tra ca' Avogadro e ca' Badoer."

Le famiglie. Abitata dal pittore E. Tito morto a Venezia nel 1941, la cui pittura è da accostarsi alla tradizione veneta settecentesca.

II prof. Ettore Tito. Nato a Castellamare di Stabbia nel 1859, mori a Venezia nel 1941. Fu allievo di Carlo van Haanen e poi dell'Acca­demia di Venezia di P. Molmenti. Esordì a Venezia nel 1887 con il quadro Pescheria Vecchia, che si trova a Roma nella Galleria d'arte moderna, che ricorda il Favretto, ottenne un grande successo. Da al­lora, con favore crescente, partecipò alle maggiori mostre italiane e straniere. Ma tali successi appaiono ingiustificati a un esame della sua opera: in realtà il Tito è un tipico esempio di pittore che, pur non privo di talento, per assenza di autocritica e ambizioni fuori luogo di «far grande» è giunto a risultati sostanzialmente negativi. Ciò si avverte sia nei quadri, sia negli affreschi, dove è evidente l'intento di riattaccarsi alla tradizione veneta settecentesca. Tra gli affreschi si citano: quelli della villa Berlinghieri di Roma (1915) e quelli della chiesa degli Scalzi a Venezia (1933) al posto dei distrutti affreschi del Tiepolo. Così si esprime Franca Dal Masso in Dizionario Enciclope­dico della UTET.

La villa. Mettiamo da parte tutte le fantasticherie scritte, che la fanno dagli inizi dell'Ottocento, veniamo all'unico documento mol­to chiaro del 1797, e lo dobbiamo cercare nell'Archivio di Stato di Padova - polizza democratica 500, busta 41, presentata da Marco Molin, in cui tra l'atro è detto: Sambruson: casin con barchessa, chiesa, marezzano tra Cà Avogadro e Cà Badoer, affittata per L. 775. Oltre a questo casino aveva le attuali case che si trovano vicino al ponte, utilizzando come fondo la marezzana. Stando alla presenza del Molin a Dolo, la villa potrebbe essere stata costruita tra il 1780 ed il 1797.


VILLA BAFFO, VEZZI, AVOGADRO, VELLUTI

SAMBRUSON VIA E.TITO

Prima denuncia fiscale. Di Giovanni e Andrea baffo nel 1661 in Isola di Sambruson. Definita nel 1711 come: " casa domenicale con fabbriche e tutte le sue habentie con brolo cinto di muro e campi 40."

Le famiglie. Viene acquistata da Francesco Vezzi nel 1704 e passa alla famiglia Avogadro nel 1797. Oggi proprietà dei Velluti.

La famiglia. I Baffo appartenevano alla nobiltà patrizia Veneziana. Di questa famiglia è ricordato Giorgio, poeta dialettale (1694-1768) ultimo discendente che si acquistò un'ampia e imperitura fama con la sua poesia, nella quale predominano i toni di una licenziosità sfrenata attraverso i quali egli riesce a disegnare l'ampio quadro della società e della vita veneziana del tempo, tutta risolta nell'esclusivo interesse per le vicende e gli atti dell'amore. L'ampia sua opera poetica, ricca di notevole abilità tecnica che giunge fine ai toni di una maliziosa e musicale descrittività, è contenuta nella Rac­colta universale delle poesie di Giorgio Baffo Veneto, pubblicata con false indicazioni di Cosmopoli, nel 1789.

I Vezzi e gli Avogadro appartenevano pure essi alla nobiltà veneta e gli Avogadro erano i padroni di Rosolina.

La villa. Il primo documento dell'esistenza è del 1661, quando Giovanni e Andrea Baffo, anche a nome della madre Lucietta, denunciano a Sambruson - Isola: casa domenicale con ottanta campi.

Nel 1704, con atti del notaio veneziano Francesco Brambilla vie­ne acquistata con quaranta campi da Francesco Vezzi che abitava a Venezia San Cassan e la denuncia del 1711 a Sambruson dice: casa domenicale con fabbriche e tutte sue habentie con brolo cinto di mu­ro e campi 40. Inoltre denuncia a Nervesa 630 campi con l'intenzio­ne di costruirvi un'altra casa domenicale.

Nel 1740 è l'ospedale della Pietà di Venezia che denuncia: rese inutili le pretese dei figli dell'eredità del conte Francesco Vezzi a Sam­bruson: casa domenicale con fabbriche e brolo cinto di muro, affit­tato a Francesco Rizzi per ducati 120 e a Nervesa e Soravilla: altra casa domenicale.

Nel 1746 diventa proprietà di donna Anzola (Vezzi) consorte di Marin Avogadro. Nel 1797 sono quattro gli Avogadro proprietari della villa e nel catasto napoleonico è intestata ad Avogadro Andrea fu Claudio. Come si vede la villa è seicentesca, e non come scrive il Guiotto sette-ottocentesca e settecentesca la Erotto e Paccagnella.


VILLA ANTELMI, FARSETTI, VIVANTE OGGI SCALELLA

VIA E.TITO 78 SAMBRUSON

Prima denuncia fiscale. Nel 1617 antonio Antelmi denuncia all'A.S. di Padova "campi nove compreso casa, orto e cortivo".

Le famiglie. Dopo gli Antelmi, nel 1764, divengono propriteri i Farsetti di  Padova che nel 1799 vendono a Lazzaro Jacob e nipote Vivante.

La villa. Ha un grande parco, con laghetto e acqua corrente dal Brenta e casa per pescatore, progettato dallo Jappelli nel 1840.

Premessa storica

Abbiamo visto che Sambruson segnava il confine tra Gambarare, territorio veneziano, ed il territorio padovano. La lo­calità di confine era chiamata gorgo, fatto costruire dai Veneziani, allargando il letto del Brenta. Il toponimo di Gorgo e di Brentelle lo troviamo nella documentazione di questa villa.

Il Coronelli ci ha tramandato un'incisione del Palazzo Antelmi alla Mira, mentre il Costa ci ha tramandato un'altra incisione con lo stesso nome, ma a sera della villa Badoer. Dall'incisione del Co­ronelli possiamo vedere il gorgo, ancora esistente nel 1709, e fatto sparire con i lavori di sistemazione degli argini del Naviglio dopo il 1866.

La famiglia. Dal primo documento presentato da Antonio An­telmi qd (fu) Bonifacio sappiamo che era un cancelliero grondo. Ai tempi della Repubblica, il Grancancelliere, detto più comunemente cancelliere grande, era dell'ordine dei cittadini originari, o per dir meglio dei segretari, nominati a vita dal Senato, ed era una delle pri­me dignità della Repubblica. Egli era dichiarato cavaliere e portava per distinzione gli speroni d'oro; il governo gli dava per onoranza nelle pubbliche carte il titolo di Magnifico, ma nel privato aveva so­lo quello di eccellenza.

La villa. La prima notizia dell'esistenza di questa villa l'abbiamo nel 1617, ricorrendo all'Archivio di Stato di Padova, dove troviamo Antonio Antelmi assieme al fratello proprietari di campi nove com­preso casa, orto e cortivo. Gli stessi compaiono anche a Venezia per dire che a Sambruson possedevano campi 32 compreso tre di marezana e a Paluello metà del cortivo e brolo di campi 11.

Nel 1661 gli stessi nomi denunciano a Sambruson campi 34 sopra la Brenta con casa domenicale e fabbriche da lavoratori, mentre a Paluello denunciano campi 22 con casa domenicale, fabbriche da la­voratori e due casette. Le Inquisizioni del 1686 la definiscono palazzo.

Nel 1711, epoca in cui il Coronelli aveva già fatto l'incisione, de­nunciano: Dolo sive Sambruson: casa domenicale con giardino, bro­lo, orto e una possessione; a Paluello: casa domenicale e a Portogruaro-Villa Storta: casa domenicale.

Alla lettera la stessa denuncia è presentata nel 1740.

Nel 1764, 3 ottobre, divengono proprietari Pietro e Giacomo Far­setti da Padova, che come nel 1797 Antonio e Francesco denuncia­no: casa domenicale con adiacenze e giardino nel confin del Dolo e specificano che la casa domenicale si trova al loco detto il gorgo, con fabbriche rusticcali.

Nel 1799 la villa viene venduta a Lazzaro Jacob, Vita e nipote Vivante con oltre 48 campi detti le basse e altri 88.

Nel catasto napoleonico, siccome non era abitata dai proprietari, viene chiamata: casa d'affitto. Viene inoltre mappalizzato l'oratorio.

Oggi la villa ha un grande parco, con acqua scorrevole, laghetto, casetta per il pescatore, il tutto ideato dallo Jappelli verso il 1840.


VILLA BADOER, DE CHANTAL ORA FATTORETTO

VIA BADOERA SAMBRUSON

Prima denuncia fiscale. Di Zuane Badoer nel 1661. Denunciata da Giacomo Badoer nel 1740 a Sambruson come : "casa domenicale con chiesuola, barchesse, corti, orto e brolo e giardini e casa per fattore."

Le famiglie. Famiglia patrizia veneziana, i Badoer erano i più grandi proprietari terrieri a Sambruson. Altri proprietari della villa furono Forati nel 1846, Maurogodardato nel 1852, Bragato nel 1879, Ferrari nel 1884, De Chantal nel 1903. Dal 1945 Fattoretto.

La famiglia. Badoer, Badoero o Badoario. Famiglia patrizia ve­neziana, che si vantava discendente dall'imperatore Giustiniano, ma senza fondamento; dubbia pura la discendenza dalla famiglia dei Par-tecipazio, donde uscirono parecchi dogi nei secoli IX e X. Il settimo di essi, Pietro Partecipazio, avrebbe assunto il cognome di Badoer, col quale figura nella lista dei dogi dal 930 al 942. Successore di Can-diano II, il suo governo fu saggio; per opera sua Venezia ebbe con­fermati i principi di libertà a lei concessi da Berengario II, re d'Ita­lia, e ottenne anche il diritto di batter moneta. Altri membri illustri furono Sebastiano (1424-1489) e Andrea (1514-1575), diplomatici en­trambi; Alvise (morto dopo il 1540) ammiraglio, che combattè con­tro i Turchi, e negoziò per la Repubblica il possesso di Malvasia e Napoli di Romania. Barbaro (1613-1657) uomo di mare anch'esso, ebbe l'ardire di forzare i Dardanelli, nell'impresa guidata da Loren-zo Marcelle.

A Sambruson erano i più grandi proprietari terrieri, ed i primi possedimenti li ebbero in dono dai Da Carrara, signori di Padova, perché Sambruson era il confine con il territorio della Repubblica Veneta.

La villa. La presenza sul posto dove sorge ora questa villa, è con­fermata fin dal 1518, quando Giacomo Badoer denuncia in isola di Sambruson sopra la Brenta vecchia, drio la fornasa: casa brusada. Questo è avvenuto nel 1513 per opera degli Spagnoli arruolatisi con le truppe di Massimiliano d'Austria.

Ci sono documenti del 1537-1566-1581 in cui viene denunciata casa con brolo, che con quasi matematica certezza non ha nulla a che fa­re con la presente villa, e ancora si continua a parlare della casa bru­sada e anche di una colombara. Nessuna notizia importante ai fini della conoscenza della villa negli anni 1617, 1635, 1643. Bisogna ar­rivare al 1661, anno in cui Zuane Badoer per nome proprio e della madre e dei fratelli denuncia due case: una su la Brenta e l'altra in­fra terra per comodo del fattor per locare le nostra entrade che ap­pena son sufficienti. Questa seconda esiste ancora ed è la casa fatto­ria in via Badoera, e la prima casa domenicale su la Brenta con orto e giardino e brolo di campi due.

 


SAMBRUSON VIA BADOERA

Prima denuncia fiscale.

Le famiglie.

La villa.

in progress


VILLA BADOER (DALL'ANTICA TORRE ora VILLA MARIA)

INCROCIO VIA BADOERA VIA ARGINE SX.

Prima denuncia fiscale. Denunciata nel 1661 come :" casa a pè pian, caneva, loco de tinassi, camere quattro, portego, camere per gastaldo, tesa, stalle da cavalli, confinante a mattina con la torre". La villa viene costruita  da Giovanni Badoer al posto della torre distrutta dagli spagnoli  nel 1513 durante la guerra di Cambrai.

La villa. L'attuale villa, dall'incrocio con via Argine sinistro, sorge al posto della torre bruciata durante la guerra della Lega di Cambrai nel 1513, dalla soldataglia spagnola e rifatta poi nel 1520 da Giovanni Badoer, dot­tore e cavaliere. Nei documenti essa viene sempre denunciata fino al 1661, compreso, come casa a pè pian, caneva, loco de tinassi, camere quattro, portego, camere da gastaldo, teza, stalle da cavalli, forno, per mia abita­zione con giardino e brolo, confina a mattina con la torre. La torre era in quattro soleri con due camere per parte, ma ruinosa. Aveva un'altra ca­sa domenicale a Fossalta di Piave.

Dopo tale data questa torre dev'essere stata demolita, sebben non del tutto, ma riducendola all'attuale villa, ne è testimonianza un muro che è anteriore agli altri, e nel 1711 viene esplicitamente denunciata: casa dome­nicale con orto e brolo per uso, con altra a Fossalta di Piave e a Venezia San-Stin: casa con suo cimitero. Quello denunciato nel 1661 sono diventa­te le adiacenze.

Nel 1740 la troviamo affittata al N.H. Zambattista Zanardi per ducati 62, ed il reddito di questo Badoer ammontava a ducati 14.483. Come epo­ca di costruzione questa villa possiamo metterla tra il 1661 e 1711.


VILLA MOROSINI, VENIER, VELLUTI OGGI MARTIN

SAMBRUSON VIA ARGINE SINISTRO

Prima denuncia fiscale. E' del 1621, 6 lu­glio, e la si ricava dal Catastico Venier nella Biblioteca Correr di Ve­nezia, e dice: "acquisto a galder, ossia vita naturale durante, di Girolamo Venier da Andrea Morosini fu Piero, di una casa domenicale con sue aggia-cenze sopra la Brenta per ducati 1500". Nel 1738 diviene proprietario Francesco Carminati. La villa contiene affreschi contestati nel significato. 

Villa Morosini erroneamente Venier oggi Velluti

SAMBRUSON DI DOLO - via Argine sinistro

La famiglia. I Morosini appartenevano ad una illustre famiglia patrizia veneziana, che ebbe più di ogni altra influenza nella storia della Repubblica. Fra i suoi membri si ricordano quattro dogi: Do­menico (1148-1156), Marino (1249-1253), Michele (1382), Francesco (1688-94), due cardinali, ventisei procuratori di San Marco e altri nu­merosi guerrieri, magistrati, prelati, ecc.

La villa. È ritenuta cinquecentesca, ma non ci sono documenti che giustificano tale affermazione. La prima notizia è del 1621, 6 lu­glio, e la si ricava dal Catastico Venier nella Biblioteca Correr di Ve­nezia, e dice: acquisto a galder, ossia vita naturale durante, di Girolamo Venier da Andrea Morosini fu Piero, anche per nome di Morosina e Paolina sue sorelle di una casa domenicale con sue aggiacenze sopra la Brenta per ducati 1500. Questo acquisto a galder durò dal 1621 al 1645, pagando così in media ducati 54 annui, avendo co­sì un vantaggio, mentre il Morosini ha avuto l'altro: 1.500 ducati in contanti e subito.

Nel 1645 quindi il Morosini, entrato nella pienezza della proprietà, presenta la denuncia fiscale. Sambruson: casa domenicale con brolo di campi quattro e 180 a Montagnana, 54 a Canda e 70 a Mira.

Nel 1661 Alvise Morosini denuncia a Sambruson: casa da stazio con suo cortivo e poco brolo, altra casa domenicale a Riviera e una terza a Villasoranza-Castelfranco. Alla denuncia del 1661 fa seguito una di eguale nel 1711 con l'aggiunta di un'altra casa domenicale a Portogruaro.

Nel 1738 diviene proprietario Francesco Carminati, che nel 1740 presenta la seguente condizione: casa domenicale con casetta da gastaldo, cortivo, brolo, stradon di mezzo campo circa, cioè due attac­cati alla detta casa circondata di muro, e campi cinque e mezzo in faccia alla medesima e un casin contiguo alla casa domenicale affit­tato per ducati 86. Il catastico la chiama palazzo. Stessa denuncia presentata dal Carminati nel 1797.

Da notare che nel 1669 i fratelli Morosini avevano chiesto di co­struire un nuovo oratorio vicino al palazzo, e nel 1701 fu concessa licenza di benedirlo.

Nel volume della Bassi, secondo il parere della Erotto e Paccagnella, Baldan rifiuterebbe, che la villa sia Venier, al posto di Moro­sini. Non è Baldan che rifiuta, ma sono i documenti che parlano chiaro.

La villa contiene affreschi che sono contestati nel significato. Quan­to poi all'affermazione che la villa è cinquecentesca, c'è da dire che mancano le denunce del 1566-1581 e 1617. Ma c'è un ma: i Morosini erano esenti dal presentare denunce essendo in origine beni dei Car­raresi.


VILLA TASCA-PAPAFAVA-CARMINATI OGGI BALDAN

Villa Tasca - Papafava - Carminati oggi Baldan

SAMBRUSON - via Stradona 87

Le famiglie. I Tasca appartenevano ad una famiglia bergamasca ascritta al patriziano veneziano nel secolo XVII.

I Papafava, era una famiglia nobile padovana, ricchissima e an­ch'essa ha ottenuto l'iscrizione nel libro d'oro della nobiltà veneziana.

La villa. Nel 1617 i Tasca denunciano a Sambruson la proprietà di 13 campi. Negli anni successivi denunciano campi e brolo. Forse con il brolo c'era anche la villa. Bisogna arrivare al 1661 quando Andrea Tasca denuncia Sambruson campi 23 (denunciati anche nel 1645), con casa domenicale e da coloni, con orto, giardino e brolo e altre due case domenicali rispettivamente a Gardigiano e a Maerne. Le In­quisizioni del 1686 parlano di palazzo.

Nel 1740 a Sambruson è denunciata solo casa domenicale con giar­dino, orto e adiacenze e pertinenze e brolo di campi quattro e mez­zo. Nel 1748 in occasione di un inventario viene nominato il palazzo e la chiesetta.

Nel 1749 per fideicommisso diviene proprietario (perché imparen­tati) Annibale Papafava Tasca sia di questa casa domenicale, come di quella di Maserada (TV), Maerne, Portogruaro. Seguono dei pas­saggi di proprietà, ma non quello tra il Papafava e il Carminati, che troviamo nel catasto napoleonico.

Nel 1767 avvengono delle divisiosi, ad Annibale Papafava Tasca tocca metà casa domenicale a Padova - San Martin, Piove: casa do­menicale, Agno: metà casa domenicale, Sambruson: casa domenica­le con brolo, giardino, orto e adiacenze con campi quattro e un quar­to, Portogruaro: casa domenicale con adiacenze.

Nel catasto napoleonico compare il prete Carminati.


Villa Zulian-Priuli, oggi Parth

SAMBRUSON - via E. Tito

Prima denuncia fiscale. Nel 1661 Girolamo Zulian denuncia:" Sambruson,campi 85 e casa domenicale con Zardin e brolo di campi 4". Gli Zulian facevano parte della nobiltà veneziana. Nel 1795 diventano proprietari i fratelli Priuli.

Le famiglie. Gli Zulian appartenevano alla nobiltà veneziana, e come tali non potevano per niente rifiutare di prestare servizio nella Repubblica, salvo sanzioni, da parte del governo. Nel 1189 abbiamo Jacopo Zulian che rifiuta una magistratura conferitagli dagli elettori ed il doge Orio Mastropiero ed i suoi consiglieri gli decretarono la privazione dei diritti civili per il resto della sua vita.

La villa. La prima notizia sulla presenza di uno Zulian, e preci­samente monsignor Girolamo, l'abbiamo nel 1581, quando questo monsignore acquista da Anzolo e fratelli Badoer campi 28 con casa, teze (barchesse habentie). Nel 1617 e 1635 viene nominato il brolo, il che fa pensare anche all'esistenza della villa.

Nel 1661 Girolamo Zulian (non certo il monsignore) denuncia: Ponte di Brenta: casa domenicale; Sambruson: campi 85 e casa domenicale con zardin e brolo di campi quattro. Le inquisizioni 1687 la chiamano palazzo con barchessa.

Nel 1711, diventa Priuli non di fatto, perché Manetta Marcelle rei Zuane Zulian, tutrice dei figli pupilli, ora consorte di Anzolo Marin Priuli denuncia a Ponte di Brenta la casa domenicale e a Mira-vecchia sotto Sambruson casa domenicale con orto e brolo.

Nel 1740 Zuane Zulian denuncia: Venezia - Santa Fosca casa do­menicale, Padova - Santa Sofia casa grande, Sambruson casa dome­nicale con campi sei di brolo, Treviso - Santa Bona altra casa dome­nicale.

Nel 1795 diventano proprietari i fratelli Priuli. Nel 1797 Pietro Priuli fa una lunga denuncia di beni e a Sambruson denuncia campi 110 con luogo domenicale. Spettano al dogado campi 173 con casa domenicale.

Considerazione. Il catasto napoleonico mappalizza una villa di per­tiche 0.40, pari a mq. 400, un oratorio, la casa del fattore, ecc.

 


Villa Badoer attuale Canonica

SAMBRUSON

Prima denuncia fiscale. Appresso la chiesa", denunciata come casa domenicale la prima volta nel 1635. Il Badoer proprie­tario aveva il giuspatronato sopra la chiesa di Sambruson, e quindi anche sulla parrocchia, ed era lui che proponeva il nome del sacer­dote che doveva diventare arciprete.

Una appresso la chiesa, attuale canonica denunciata come casa domenicale la prima volta nel 1635. Da notare che il Badoer proprie­tario aveva il giuspatronato sopra la chiesa di Sambruson, e quindi anche sulla parrocchia, ed era lui che proponeva il nome del sacer­dote che doveva diventare arciprete, e ha voluto che la sua abitazio­ne fosse accanto alla chiesa... per controllare. Povero arciprete! Questo iuspatronato del Badoer può paragonarsi all'imperatore Francesco Giuseppe, che voleva stabilire anche quante candele dovevano essere accese durante le messe. Durante la dominazione austriaca poi impo­se che l'insegnamento nelle elementari doveva essere fatto dal parro­co e da altri sacerdoti, obbligando poi, prima dell'inizio della scuo­la, l'ascolto della messa ogni giorno.

La seconda villa, denunciata nel 1617, si trova ai confini di Sam­bruson verso Mira - via Ettore Tito 90, e oggi è proprietà del Co. Folco.


 

Villa Barbo, Succi, Baldan ora Lazzarin-Masanello

SAMBRUSON - via Brentabassa

Prima denuncia fiscale. Giovanni Francesco Barbo nel 1637 denun­cia una "casa domenicale, teza (barchessa) e casa da lavoratori."

Le famiglie. Famiglia patrizia veneziana tra le più antiche e in­fluenti nella vita politica di Venezia nei secoli XV e XVI. Pantaleone fu senatore, podestà, capitano e amba­sciatore. Ebbe parte nella repressione della congiura di Marin Faliero (1355) e della insurrezione di Candia (1365). Paolo, fratello maggiore del futuro papa Paolo II, fu ambasciatore, tra l'altro presso Francesco Sforza.  Marco figlio di Paolo, vescovo di Treviso (1455) poi di Vicenza (1464), cardinale (1467), patriarca di Aquileia (1471), vis­se accanto allo zio pontefice. Pietro che fu papa col nome di Paolo II.

La villa. Il primo documento che parla dell'esistenza della villa fu presentato da Giovanni Francesco Barbo nel 1637 con la denun­cia di una casa domenicale, teza (barchessa) e casa da lavoratori. La denuncia viene ripetuta nel 1642 aggiungendone altra a Monselice. La denuncia del 1661 ci lascia perplessi: casetta domenicale con teza da lavoratori, e la casa domenicale di Monselice. Il catastico non di­ce casetta, ma casa domenicale. Forse ha detto casetta facendo un confronto con la vicina villa Ferretti. Nel 1721 e nel 1728 abbiamo due inventari: nel primo la villa viene chiamata palazzo e con l'altra casa domenicale a Bugazzi e altra a Tribano. Quel Bugazzi era sotto Monselice, perciò è da pensare che sia quella del 1642.

Nel 1726 con atti del notaio veneziano Pietro Antonio Gioia - 17 giugno 1722 - la villa diventa proprietà di Giovanni Battista Suci con 22 campi. Nel 1740 viene denunciata, ma questa volta il nome appa­re variato: Ecc.te Pietro Suzzi: casa domenicale con teza da lavora­tori, e tale anche nel 1797. La posizione della villa poi, oltre all'in­ventario ci è data dal documento del 1697 della villa Ferretti: confi­na a mattina detti nobili Barbi.


 

Villa Badoer, Co. Folco. Oggi ristorante "Villa Alberti".

SAMBRUSON - via Ettore Tito

Prima denuncia fiscale. Denunciata nel 1617, si trova ai confini di Sam­bruson verso Mira, via Ettore Tito 90, dallo stesso Badoer proprietario della villa Badoer oggi canonica. Ora ristorante villa Alberti.

 


VILLA FOSCARI, ZEN, BON, LAZZARONI (Villa Cisotto)

VIA BRENTABASSA SAMBRUSON

Il primo documento di Alvise Foscari risale al 1630: "palazzetto fabbricato da mio padre da nuovo con giardino e brolo di campi sette... vicino al Dolo, in detto loco è la Brenta". Affittato a Giusto Vanedi, mer­cante fiammingo che lo acquista nel 1664 e lo vende l'anno successi­vo ad Antonio Zen, che diventa il terzo proprietario in ordine di tempo. Nel 1711 viene denunciata come casa da Giovanni Battista Bon. Nel 1803 i proprietari della villa sono: Veronica Bon e Francesco Lazzaroni.

La villa. Oggi in uno stato pietoso, quasi invisibile a causa delle piante e degli arrampicanti, conosciuta come Cisotto, ultima fami­glia ad abitarvi.

Il primo documento presentato da Alvise Foscari risale al 1630: palazzetto fabbricato da mio padre da nuovo con giardino e brolo di campi sette... vicino al Dolo, in detto loco è la Brenta. Il Palazzo lo tengo per uso e paga all'Abbazia e Decima ai Contarini. Pagava all'abbazia perché costruito su fondo una volta proprietà dell'abba­zia con livello, pagava inoltre la Decima ai Contarini, investiti dal Vescovo di Padova del feudo.

Nel 1661 Alvise Foscari lo denuncia affittato a Giusto Vanedi, mer­cante fiammingo per ducati 110 compreso i mobili del valore di ducati 700. Il Vanedi lo acquista nel 1664 e lo vende l'anno successi­vo ad Antonio Zen, che diventa il terzo proprietario in ordine di tempo.

Nel 1711 viene denunciata da Giovanni Battista Bon, ma solo con la parola casa, e ancora casa nel 1740 affittata con quattro casette contigue per ducati 200, compresi utensili e mobili (come il Foscari nel 1661).

Nel 1803 i proprietari della villa sono: Veronica Bon, e Z.B. Po­li, marito di Bianca Bon e Anzolo Zustignan 1° ux.n. (a nome della moglie: una Bon) i quali vendono la villa a Francesco Lazzaroni fu Francesco con atto notarile 3 luglio 1803 - Atti Maderni notaio vene­ziano. Detto Lazzaroni compare anche nel catasto napoleonico.


VILLA LUCADELLO, CIMA, BONLINI, VELLUTI POZZAN (DELLE PERLE)

VIA BRENTA BASSA SAMBRUSON

Prima denuncia nel 1617 di Girolamo Lucadello :"casa domenicale, zardin, brolo, cortivo, orto e fabbriche serrate di muro e spinada di campi due e mezzo" . Nel 1692 passa dai fratelli Bonlini a Domenico Cima. La villa è chiamata erroneamente "delle perle" perchè scambiata con la villa Mocenigo delle perle a Fiesso.

Villa Lucadello - Cima - Bonlini ora Velluti Pozzan

SAMBRUSON - via Brenta Bassa

La villa. Corrisponde alla villa Antelmi di cui il Costa ci ha tra­mandato l'antico stato con la didascalia Palazzo Antelmi. L'incisio­ne è ben differente da quella omonima del Coronelli, che abbiamo visto posta alla Mira, mentre questa il Costa la pone a sera della vil­la Badoer. Affermazione questa contestata dal Guiotto, perché cer­tamente l'attuale villa non ha più tutte le caratteristiche espresse dal Costa. Bisogna pensare al suo stato di abbandono per anni ed anni, poi un radicale restauro per renderla pluriabitativa.

La prima notizia sull'esistenza di questa villa l'abbiamo nel 1617 in una denuncia presentata da Girolamo Lucadello in cui è detto: ca­sa domenicale, zardin, brolo, cortìvo, orto e fabbriche serrate di muro e spinada di campi due e mezzo.

Nel 1661 la villa è denunciata da Andriana Cavedali, abitante a Pravisdomini, per testamento di Margherita Cavedali sua sorella, che fu consorte dell'Ecc.te Lunardo Lucadello: palazzo con brolo. Poi presenta una condizione aggiunta nella quale afferma di aver affitta­to il palazzo in villa di Sambruson al sign. Gregorio Monti, mercan­te de droghe (non quelle d'oggi, erano invece: pepe, cannella, chiodi di garofano, ecc.)- Davanti aveva 70 campi, e la posizione topografi­ca dei campi e della villa ci è data dal fondo Colonato - A.S.PD.

Nel 1692 Francesco, Piero, Carlo, Faustin fratelli Bonlini con at­ti del notaio Cristoforo Brombilla acquistano da Domenico Cima, fi­glio di Zorzi Cima, consorte di Andriana Cavedali, la casa domeni­cale con altre habentie. Le Inquisizioni del 1686, ci fanno sapere che il palazzo aveva accanto anche una barchessa, ed ecco perché nel 1711 Francesco Bonlini denuncia: casa domenicale con brolo, barchessa e altre habentie e nel 1740: palazzo domenicale con barchessa, brolo, orto, caneva, chiesuola, zardin, casetta da pastore.

Nel 1766, abbiamo l'ultimo documento, come avvenuto per altre ville, in cui diventano proprietari Iseppo e Nicolo fratelli Bonlini.

Nel 1750-56 abbiamo l'incisione del Costa - Tavola LXV - con la didascalia: Palazzo del N.H. Antelmi, ma l'incisione ha solo valo­re architettonico, e non di proprietà, perché il Costa intesta le ville a chi in quel momento vi abitava.Il Guiotto scrive di questa villa: Palazzotto settecentesco, già det­to delle perle. Egli scambia questa villa con la Villa Mocenigo delle perle, che si trovava in territorio di Fiesso, al confine con Dolo, ed era così chiamata perché le mogli dei Mocenigo di questo ramo, do­vevano indossare una collana di perle, che si tramandava da moglie a moglie, e per questo fatto i Mocenigo, al loro cognome, aggiunse­ro Pappellatico di «delle perle». Questo ... palazzotto non fu mai dei Mocenigo e corrisponde al Palazzo Antelmi, le cui linee architettoni­che ci sono state tramandate nelle incisioni del Costa. Non è sette­centesco, ma documentato seicentesco.

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a cura di Luigi Zampieri


Ultimo aggiornamento (Venerdì 28 Febbraio 2020 16:21)

 

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