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I casoni e le abitazioni moderne

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IL PERIODO STORICO RECENTE - MORFOLOGIA DEL TERRITORIO

Dai "casoni" alle villette

Abbiamo avuto modo di mettere in evidenza l'importanza del processo di urbanizzazione che ha interessato il territorio di Sambruson nell'immediato passato. Nei prossimi paragrafi cercheremo di capire più in profondità questo processo, osservandolo dal punto di vista della pianificazione territoriale ed urbanistica. Prima però di scendere nel dettaglio delle scelte territoriali fatte per Sambruson, per meglio comprendere le origini del processo di urbanizzazione, ci sembra necessario approfondire meglio la conoscenza dei caratteri del tessuto insediativo e dell'edificato di Sambruson prima della modernizzazione.

Si è detto che i contadini abitavano prevalentemente nei casoni, le caratteristiche case contadine con il tetto in canna palustre a spiovente molto inclinato, spesso costruite con piere (mattoni) d'argilla cruda. Nel 1816 a Sambruson gli edifici con il tetto di paglia rappresentano il 23% del totale degli edifici, ma il 54% delle "case da fattore". Come si vede nello schema della pagina a fronte, la maggioranza dei casoni era situata in aperta campagna. Queste abitazioni primitive, che raggiungevano però in alcuni casi una complessità spaziale e tecnologica di tutto rispetto e che - diremmo oggi - si integravano perfettamente nel paesaggio, furono oggetto tra l'Ottocento e il Novecento di una vasta campagna ostile. Le ideologie igieniste ottocentesche, l'aumento della popolazione che aveva aumentato a dismisura la densità abitativa nelle campagne, la decadenza dei manufatti dovuta alla mancanza della necessaria costante manutenzione, concorrevano a far ritenere i casoni non solo obsoleti, ma responsabili di molti dei mali delle povere campagne venete. Fu così che si abbatterono su di loro una serie di specifici provvedimenti, volti alla loro sostituzione con case più moderne e salubri18. In tutta la pianura veneta negli anni Settanta del Novecento i casoni erano per lo più stati sostituiti con case di muro coperte di coppi, e i pochi tetti di paglia rimasti potevano essere oggetto di studio (e di un certo rimpianto)19.

Il mondo che aveva prodotto i casoni stava scolorendo. Le nuove possibilità economiche e il legittimo desiderio di una abitazione "moderna" portano gli abitanti delle campagne ad accostare alla casa colonica di famiglia una nuova casa. È così che accanto alla casa antica con la tesa e il portico ad archi viene costruita la "villetta". I nuovi materiali presenti sul mercato, le nuove tecnologie, le nuove figure professionali ed economiche del mercato immobiliare, il geometra e l'impresario, fanno sì che anche il paesaggio costruito cambi aspetto, così come accade per il paesaggio agrario. La densificazione edilizia, che si nota osservando le cartografie, corrisponde anche ad una mutazione radicale nell'aspetto degli edifici che vanno a comporre il paesaggio della nuova campagna urbanizzata. Compaiono le terrazze, sporgono gli aggetti delle coperture, si diffondono i tetti quadrifalde a bassa pendenza, vengono introdotte le recinzioni metalliche. Le trasformazioni territoriali legate all'incremento edilizio e gli interessi economici che il territorio risveglia in una popolazione che sta diventando ricca, richiedono un intervento dell'amministrazione pubblica volto a far sì che le trasformazioni urbane avvengano nel rispetto del bene comune e senza che i costi dello sviluppo vengano addossati alla collettività.

Sotto : il rifacimento del tetto di paglia di un casone, nella proprietà Mioni lungo il naviglio del Brenta

Sopra : fabbricati coperti di paglia nel territorio di Sambruson nel 1809 in rosso.

L'epoca della pianificazione

Benché fin dall'Ottocento anche in Italia l'espansione delle città maggiori fosse avvenuta mediante strumenti embrionali di pianificazione, la prima legge urbanistica italiana, che rendeva obbligatorio il Piano Regolatore per i comuni delle città maggiori, non viene varata prima degli anni Quaranta del Novecento20. A causa degli imminenti eventi bellici, però, di fatto la legge comincia ad ottenere i primi risultati solo nel dopoguerra, risultati che comunque influenzano ben poco i territori periferici e rurali come quello di Sambruson.

Gli interventi di edificazione nelle campagne di fatto non erano regolamentati, mentre nei centri il permesso di costruire era concesso semplicemente sulla base della valutazione dei prospetti degli edifici affacciati sugli spazi pubblici, privilegiando la qualità estetica dell'intervento.

Il miracolo economico del dopoguerra provocò un notevole e disordinato sviluppo delle aree urbane soprattutto nelle aree industrializzate del nord e attorno alle città maggiori al sud. Nel Veneto, ancora largamente agricolo e caratterizzato da una popolazione che abitava ancora prevalentemente in campagna, nelle aree agricole il miracolo economico andava manifestandosi secondo modalità singolari, privilegiando l'iniziativa personale dei singoli e la piccola e piccolissima impresa, dando origine a quella dispersione insediativa e produttiva centrata sulla coincidenza parrocchia-frazione, secondo lo schema chiesa/casa/capannone/osteria.In questo momento storico l'area della Riviera del Brenta è interessata da tre fenomeni:

- l'avvio tumultuoso del sistema produttivo della calzatura, concentrato nel tratto più a ovest attorno a Fiesso, secondo il modello diffuso sopra descritto;

- una sempre maggior concentrazione dell'industria primaria a Porto Marghera, insediamento concepito, e dunque regolamentato, solo come confinamento al di fuori di Venezia delle lavorazioni insalubri;

- il vincolo paesaggistico posto dalla legge 1497 del 1939 sul territorio contiguo al Naviglio Brenta, che ha messo sotto tutela il paesaggio storico del naviglio Brenta e le ville della Riviera, interessando positivamente anche il territorio di Sambruson: la differenza è evidente in termini di qualità del paesaggio confrontando gli ambiti prospicienti il Naviglio (parte nord del territorio di Sambruson) e quelli lontani da esso (parte nord est di Mira e Fiesso).

Il territorio di Sambruson è stato interessato solo marginalmente dallo sviluppo di insediamenti produttivi, che si sono concentrati piuttosto nell'area calzaturiera ed a Porto Marghera. Il puntuale sviluppo della Mira Lanza, presente già nell'Ottocento (1831) per tipologia e per ricaduta sul territorio, può essere assimilato più allo sviluppo dell'area industriale veneziana.

Più consistente è stato invece lo sviluppo di insediamenti residenziali: anche il territorio della Riviera del Brenta, a cui Sambruson appartiene, non è sfuggito al difetto tipico della pianificazione territoriale in Italia, che non guida i processi di sviluppo ma interviene in un tempo successivo, quando gli effetti quantitativi e qualitativi delle trasformazioni in corso entrano in conflitto e rendono inevitabile un intervento riparatore. È con questa logica che l'amministrazione provinciale di Venezia nel 1958 prende l'iniziativa per la compilazione di un Piano Regolatore relativo ai fabbricati residenziali nella zona di terraferma del Comune di Venezia, interessato all'espansione industriale di Porto Marghera. La Provincia ritiene ormai indispensabile il coordinamento del Piano Regolatore Comunale del Comune di Venezia (entro cui ricade la Zona Industriale) con le scelte insediative dei comuni Mirano, Mira, Dolo, Spinea e Mogliano Veneto che attraversano infatti un periodo di intenso sviluppo demografico, economico ed edilizio, in relazione appunto ai fattori d'espansione rappresentati dal polo industriale e delle crescenti risorse del turismo nazionale ed internazionale, in modo "da ottenere il massimo vantaggio collettivo"21. La preoccupazione della provincia risulta legittima per lo sviluppo disordinato che stava avvenendo nei comuni sopraddetti e in quelli del bacino della calzatura. In questo quadro, il territorio del comune di Dolo, caratterizzato da una diversa realtà fondiaria legata alla presenza di pochi proprietari di ampie aree agricole e baricentro tra le aree urbane forti di Padova e Venezia, si differenzia rispetto alle realtà vicine perché più orientato alla localizzazione di servizi anziché di realtà produttive. Questa vocazione "terziaria" è probabilmente all'origine di un diverso e forse più virtuoso sviluppo dell'urbanizzazione.

L'iniziativa provinciale comporta che il Comune di Dolo adotti d' urgenza nel giugno del 1959 il PRG, il cui percorso autorizzativo si prolungherà fino alla entrata in vigore della rinnovata legislazione urbanistica nazionale (Legge Ponte).

 

Sotto : una tavola del Piano Regolatore Generale del 1962, mai adottato.

La Legge Ponte

Nel 1967 infatti il parlamento approva la cosiddetta "Legge Ponte", che costituisce variante ed integrazione della legge urbanistica del 1947. La legge prevede chi e con che modalità deve dotarsi di un Piano Regolatore (o in subordine di un Programma di Fabbricazione) normando con l'art 17 le modalità di edificazione dei comuni che non si fossero dotati di detti strumenti urbanistici22. Tale normativa obbligò i Comuni a stabilire entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge i perimetri dei centri abitati. All'interno della perimetrazione la capacità edificatoria veniva definita in 1,5 mc/mq e all'esterno dei centri abitati, cioè nelle aree agricole, la capacità edificatoria veniva limitata a 0,1 mc/mq, dando la capacità di poter costruire 1.000 me per ettaro (circa tre campi). La norma prevedeva inoltre limitazioni per l'altezza degli edifici, per la superficie coperta, per le distanze fra fabbricati. La perimetrazione dei centri abitati divenne di fatto il primo strumento urbanistico generalizzato in Italia.

La Legge Ponte è accompagnata da un successivo decreto (D.M. n. 1444 del 1968), che suddivide il territorio in diverse "zone omogenee". Per ciascuna zona vengono stabilite le caratteristiche, le possibilità e qualità edificatorie (da zone urbane, a zone di servizi, a zone agricole), vengono definite le norme sulle distanze dei fabbricati tra loro e rispetto alle infrastrutture nelle diverse zone e si introduce il concetto di standard urbanistico, che definisce il rapporto fra le aree residenziali, gli abitanti insediabili, e le aree minime destinate a spazi pubblici, ad attività collettive, a verde, a parcheggio che ogni insediamento deve contenere. Il decreto ha infatti stabilito a livello nazionale che nella formazione degli strumenti urbanistici, si assume che, salvo diversa dimostrazione, ad ogni abitante insediato o da insediare corrispondano mediamente 25 mq. di superficie lorda abitabile (pari a circa 80 mc vuoto per pieno), eventualmente maggiorati di una quota non superiore a 5 mq. (pari a circa 20 mc. vuoto per pieno) per le destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le residenze (negozi di prima necessità, servizi collettivi per le abitazioni, studi professionali, ecc.). Ai fini degli insediamenti di servizi e del paesaggio urbano questo rapporto è la Stradona andato peggiorando con le normative regionali, che hanno aumentato il volume per abitante insediato fino a 150 mc. Non sono stati parimenti adeguati gli standard a servizi (spazi pubblici, verde, parcheggi, ecc.) che sono così di fatto divenuti inferiori - e lo si percepisce - ai minimi previsti.

Viviana Ferrario, Gianni Cagnin

Dal volume "SAMBRUSON TRA OTTOCENTO E NOVECENTO"

(Associazione Culturale Sambruson La Nostra Storia)

 


 

a cura di Luigi Zampieri


Ultimo aggiornamento (Mercoledì 04 Marzo 2020 16:40)

 

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