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Il mio crepuscolo di A. Zilio. Ottobre 2017

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SAMBRUSON. CULTURA, COSTUME, TRADIZIONI, AMBIENTE. - LETTERATURA A SAMBRUSON (II)

Poesie inedite di A. Zilio. Ottobre 2017

Raccolta di pensieri e riflessioni che vengono da lontano.

IL MIO CREPUSCOLO - poesie

1. PENSIERO FUGGENTE

Batte la pioggia autunnale insistente
sui vetri opachi dai nostri fiati
resi lavagna per stampar fuggente
ogni pensiero sui bei giorni andati.
Scrivo, ma tutto subito scompare;
a una mite coperta m’aggroviglio
per trattenere, per non far scappare
ricordi di cui sono ripostiglio.
Quante belle sembianze abbiam lasciato
scorrere come gocce passeggere,
eran cascate d’amore ignorato
dal nostro cuor che or può sol rimpiangere.
Sorge un vento nuovo che asciuga il prato
e l’aria, e tutto riprende a correre.

2. ERAVAMO IN CINQUE

Qualcuno ogni sera bussa alla porta
del mio cuore ferito che arranca,
le forti emozioni più non sopporta,
soltanto nei sogni mi si spalanca.
Rincorre gesti, sorrisi e storielle
che riempivano festosi i portici,
là giocavamo fratelli e sorelle
mirando le rondini sulle cornici.
Volevamo volar lontano, in alto,
per scoprire sempre più cose nuove,
poi successe ad uno ad uno il gran salto.
Fratelli cari, il mio cuor si commuove:
dov’è dei vostri volti il grande smalto?
Vorrei stare con voi, ma siete altrove.

3. IL VUOTO ATTORNO

Il paese è deserto, nevica appena,
uccelli immobili sembrano stampi
vedono svanire di sorgo e d’avena
quelli che erano i rigogliosi campi.
Inutili spine pungono l’aria,
è una robinia dal grecal sbattuta,
il suo inchino involontario varia,
cede alle folate a sua insaputa.
Sul marciapiede, sotto un ripiegato
cartone, vedo un movimento inquieto,
si lamenta un uomo dimenticato.
Sul marciapiede, la sosta un divieto
annuncia, eppur stanotte Gesù è nato,
di Natale giunge scampanio lieto.

4. STANZA D’OSPEDALE

Tra nembi e lampi scalpita la notte,
nel buio frastuoni s’intrecciano
a silenzi e a lamenti, le ore son rotte
dal suon del campanello, quarto piano.
La mente folle rincorre palline
rosse frenetiche che rimbalzano,
entrano in buco nero senza fine,
sulla calda fronte posa una mano.
Chirurgia, stanza sei: stenta il respiro
il paziente operato, finalmente
vomita l’anestesia, si guarda in giro.
Dove sono? I rintocchi lentamente
del campanile l’avvertono che è vivo,
confuso, balbettante, ma  presente.

5. CREPUSCOLO

Quando avverti che l’arida savana
incombe e i sogni s’inaridiscono,
è l’ora! giovinezza s’allontana,
i bei pensieri s’intorpidiscono.
Fermati, amico cuore, con riguardo
osserva la sterpaglia di conquiste
e di sconfitte con acuto sguardo,
come leone lungo le vecchie piste.
Guarda i lioncelli, cercan nuove prede,
sanno che assieme più è  possibile,
avverton  che il padre più non ci crede.
Poiché l’orizzonte irraggiungibile
ti appare, verifica se tua fede
in vita è stata sempre alta e nobile.

6. NONNO E NIPOTINO

Ho visto un bimbo raccattare il nonno:
ha raccolto il suo ricurvo bastone,
sulla panchina aveva preso sonno,
insieme s’avviano verso il portone.
La gente vede e pensa all’incontrario.
E’ il bimbo che raccomanda: vai piano!
Strada è dissestata! Siamo in orario!
Vanno lenti, si tengono per mano.
Nonno, tu hai mai avuto un nonno? chiede.
Lungo è il viaggio e il papiro della vita
da srotolare: fermo, appoggia il piede.
Si spiana corrugata fronte avita.
Mai visto!  lungo il Piave ignoto siede.
Per me sua storia mai sarà finita.

7. RIMPIANTO PER GIANNI

Scendono, come tenebre veloci
alla fine di questo autunno uggioso,
le ore buie del rimpianto, più voci
mi parlan del tuo morbo doloroso.
Fratello mio, t’apprestavi a gioire
carezze e sogni d’amore, scherzavo,
sbadato! e tu stavi per morire
eppure tu eri il migliore, il più bravo.
Molte stagioni sono trascorse,
ti sento mutar la voce, sei grande
ora dove sei? Quanto si rimorse
l’animo incredulo, ancora si spande
il pianto; tua salute non risorse
ed or percorri solo ignote lande.

8. A MIO PADRE

Ricordi il profumo di terra arata
di fresco e il volo delle cutrettole
su solco che s’apre ad ogni girata
dei bovi pazienti: sembran tavole
imbandite i campi avidi di semi.
Di pane mensa che trabocca adocchi,
l’annuncia aratro stretto come remi
da te esperto navigator dei solchi.
La terra amavi di frutti provvida,
curata da mani callose e storte,
fronte pensosa di sudor rorida.
Sulla tua tomba or delicate morte
foglie si posano appena, l’umida
leggera zolla vela un uomo forte.

9. LA FATICA E’ UN PREMIO

Saliva come il sentiero sognato,
s’inerpicava, girava tra i cembri.
Che ci sarà più in là? Non ci son stato!
Sei sassoso e irto, più di quanto sembri.
Come son belli i passi di montagna,
mi fan scoprire voglie di andar oltre,
oltre il laghetto di forcella Magna
nascosta di nubi improvvisa coltre.
Quando lassù appar rifugio sicuro,
ecco invece un’altra curva ed altra erta,
qual parete si erge roccioso muro.
Ogni giorno, per quanto guida esperta,
sappi che guadagnar il pane è duro.
Godi or la fatica che sorte è certa.

10. LA PINA

Novant’anni, capelli bianchissimi,
corti e sparuti, increspata fronte,
osserva sparir del sole gli ultimi
raggi, oltre il Venda euganeo monte.
Condominio, ultimo piano, negletta,
vede il tramonto precoce, un gabbiano
attraversa il cielo impallidito, retta
via segue verso laguna, lontano.
Pensa, vedrà ancora Venezia natia?
Sogna l’acqua del suo grande Canale:
fruscia appena? No, è del vento magia!
Pazienza, essere vecchi, è naturale!
ma non la solitudine, è orrida malia
ché alle spalle ti chiude ogni portale.

11. SOLO AL MONDO

Ho immaginato d’esser solo al mondo,
avvolte nel silenzio le contrade,
spente le luci nelle case, affondo
lo sguardo nell’universo, ma evade.
E’ un vagare nell’immenso sperduto
senza tregua, senza traguardo o fine,
La parola non serve, sono muto,
nessuno c’è, non scorgo alcun confine.
La consapevolezza mi spaventa,
sono al buio, ma provo sentimento.
Tendo a te la mano in questa tormenta,
mio Dio, ci sei, lo so, ti sento,
illumina questa mia fede spenta
non mi lasciar in questo sfinimento.

12. VISIONE PASTORALE

Erano i tempi dei camini agresti
nei casolari sparsi, fumiganti
in gelide nebbie, dei lenti gesti
accanto ai ceppi che ardevan schioccanti.
Nella grande cucina il vecchierello
vimini snelli intreccia attorno ai fiaschi,
mette il manico robusto al rastrello,
un’agnella pettina e insegna ai maschi.
Serena una bambina rubiconda
prime sillabe scrive sul quaderno
a quadretti; il cane Licio è di ronda.
Madre scuote il paiolo appeso al perno
di catena, mesce farina bionda
e prega per chi fu il riposo eterno.

13. IL SUCCO DEI MIEI PENSIERI

L’oro del mattino più non m’attira,
annotta presto e mi ritrovo chiuso
in me, la ruota della vita gira
veloce, al  suo ritmo più sono aduso.
Cosa farò da piccolo? Sì, torno
indietro! Non ho l’età per progetti,
ma solo per ricordi, disadorno
è il mio pensiero, ricco sol d’affetti.
Mi diletto a stendere queste rime
prima che il morbo oscuro ch’attanaglia
i vecchi recida mie fronde e cime,
riducendo a livello di ramaglia
gli anni belli che vita onesta esprime.
Sia ad occhi aperti l’ultima battaglia.


INDICE

  1. Pensiero fuggente                      09.10.17
  2. Eravamo in cinque                     17.10.17
  3. Vuoto attorno                            23.10.17
  4. Stanza d’ospedale                      25.10.17
  5. Crepuscolo                                27.10.17
  6. Nonno e nipotino                       28.10.17
  7. Rimpianto per Gianni                 04.11.17
  8. A mio padre                              05.11.17
  9. La fatica è un premio                 09.11.17
  10. La Pina                                     10.11.17
  11. Solo al mondo                           11.11.17
  12. Visione pastorale                       25.11.17
  13. Succo dei miei pensieri              27.11.17


a cura di L. Zampieri

Ultimo aggiornamento (Domenica 03 Dicembre 2017 15:39)

 

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